Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato la cedolare sugli affitti brevi
Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. È questo il «succo» della sentenza pronunciata nella mattinata di giovedì scorso, 22 dicembre, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a conclusione della vertenza iniziata nel 2017.
Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, nell’esprimere apprezzamento il pronunciamento della Corte, ricorda che «La federazione è intervenuta nel giudizio al fianco dell'Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell'interesse di tutti gli operatori, perché l'evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».
«La sentenza segna un punto importante - prosegue il Presidente degli albergatori - ma resta del percorso da compiere. I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante 6 anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni».
«In parallelo - conclude Bernabò Bocca - chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma in realtà operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast».
Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305. La regione con più alloggi disponibili su Airbnb è la Toscana, con 59.058 annunci, seguita da Sicilia (56.099), Lombardia (44.460) e Puglia (41.573). In Valle d’Aosta gli alloggi disponibili ad agosto erano 3.824, un numero molto consistente se rapportato alla popolazione e alle strutture “tradizionali” esistenti, con un’ampia concentrazione ad Aosta.
Le istanze di Airbnb erano state respinte una prima volta dal Tar del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019. Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb sono state respinte dal Tar del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018, dal Tar del Lazio il 9 luglio 2018 e il 18 febbraio 2019, dalla Corte di Giustizia Europea il 30 giugno 2020.
Nel luglio 2018, il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.
«Secondo quanto dichiarato da Airbnb in tribunale, - si legge in una nota di Federalberghi - le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro».
«Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto, si può stimare che nei 6 anni di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro. Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli intermediari sono sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017».
Le sanzioni applicabili possono arrivare al 140 per cento delle ritenute non effettuate, di cui il 20 per cento per non aver effettuato la ritenuta e il 120 per cento per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.
L’ultimo bilancio pubblicato di Airbnb Italy srl evidenzia imposte pagate in Italia per l’anno 2021 per circa un milione di euro.
«Nello stesso anno, le somme incassate dal gruppo Airbnb a titolo di commissioni sugli affitti incassati nel nostro Paese - ancora Federalberghi - possono essere stimate in oltre 180 milioni di euro. In altri termini, il gruppo paga allo Stato italiano un’aliquota pari allo 0,5 per cento dei ricavi realizzati in Italia».
Giovedì 8 dicembre scorso, la Commissione Europea ha proposto una serie di misure per modernizzare il sistema di riscossione dell’Iva e ridurre la possibilità di frodi. Una delle misure proposte mira ad eliminare la disparità di trattamento tra hotel e locazioni brevi, rendendo le piattaforme responsabili della riscossione dell’Iva dovuta qualora il gestore dell’alloggio non lo faccia (ad esempio perché è una persona fisica o un soggetto passivo che usufruisce di regimi speciali per le piccole imprese).