«Salvate dagli orrori della guerra speriamo nella pace per l’Ucraina»

«Salvate dagli orrori della guerra speriamo nella pace per l’Ucraina»
Pubblicato:
Aggiornato:

Sarà un Natale diverso, lontano da casa, per una famiglia ucraina da alcuni mesi ospite a pochi passi dal Col de Joux, a Saint-Vincent, della famiglia di Luigi Berger, imprenditore di Champdepraz. Un bel gesto di solidarietà privato che merita di essere raccontato, dal momento che la stessa nostra Italia deve fare i conti con le difficoltà economiche in parte dovute proprio al conflitto tra Russia e Ucraina in corso da ormai un anno.

Klaudiia Sokolovska ha lasciato Kiev, città martoriata dalla guerra, insieme alla figlia Irina Paladii - insegnante di inglese - e alle nipotine Solomiia di 6 anni e Dana di appena 1 anno e 4 mesi. Dicono di essere state fortunate per avere incontrato «Un angelo custode», ma di avere sempre la speranza di tornare nel loro Paese, anche se la loro casa non esiste più. La famiglia dell’est è arrivata in Valle d’Aosta lo scorso mese di maggio grazie al medico cardiologo ligure Antonio Costanzo - molto legato al paese ucraino e presidente dell’associazione Millennium Club Medici di Genova Onlus - che per alcuni anni ha lavorato nel Reparto di Medicina e Chirurgia d’accettazione e urgenza dell’Ospedale regionale “Umberto Parini”, amico dell’imprenditore della Bassa Valle che in Ucraina avrebbe dovuto costruire una centrale idroelettrica, ma che in odore di guerra aveva lasciato decadere il progetto in attesa di tempi migliori.

«Quando il dottor Costanzo mi propose di aiutare queste persone - racconta Luigi Berger che, vale la pena ricordarlo, durante il suo mandato di sindaco di Champdepraz, tra il 2010 e il 2015, aveva rinunciato allo stipendio a favore di iniziative dei suoi compaesani - gli dissi che poteva contare su di me. Che per quel poco che avrei potuto fare lo avrei fatto volentieri. Non mi sono posto il problema di sapere se da parte della Regione o dell’Amministrazione comunale sarebbero arrivati degli aiuti economici. Sono ormai trascorsi 6 mesi da quando questa famigliola è arrivata in Valle d’Aosta. E io penso sempre a cosa furono la prima e la seconda guerra mondiale per i nostri nonni e per i nostri genitori, e questo mi basta per dire semplicemente di avere fatto un buon gesto di solidarietà. Un gesto che credo potrebbe essere di esempio per tante altre persone che hanno la possibilità di aiutare chi è in difficoltà».

«Non volevamo spostarci. - riferiscono madre e figlia assistite dalla mediatrice culturale e interprete Olga Tolstova - A Kiev conducevamo una vita tranquilla, stavamo bene e avevamo un business sul Mar Nero, in un territorio oggi occupato dai russi. Non potevamo immaginare cosa ci avrebbe allontanato dalla nostra città, dal nostro mondo. Non avremmo mai pensato di dovere scappare dalla guerra senza sapere dove andare con una bambina di 5 anni e Dana che di mesi ne aveva solo 7. Abbiamo trascorso molto tempo alla ricerca di un luogo dove salvarci fino a quando, grazie al dottor Antonio Costanzo, abbiamo saputo della possibilità di venire in Italia. Il viaggio per arrivare in Valle d’Aosta è stato lungo: con il treno da Kiev a Leopoli, poi in pullman abbiamo proseguito fino a Borislav. Siamo riuscite tra 1.000 difficoltà a superare il confine con la Polonia, quindi in aereo siamo arrivate a Torino dove ci aspettava il signor Berger che non smetteremo mai di ringraziare!».

«Mio marito Vitaliy, ingegnere in una ditta di costruzioni, era fuori città per impegni professionali. - ricorda Irina Paladii - Io mi stavo preparando per andare al lavoro, quando iniziarono i bombardamenti sulla città. Ci fu il panico totale. Una corsa contro il tempo per prendere le cose necessarie da mettere in una valigia, senza neppure sapere dove andare. Il mio primo pensiero, però, era per le bambine. Faceva molto male ascoltare il loro pianto. Vedevo il terrore negli occhi di mia madre, anche lei molto preoccupata per me e per le nipotine. Dovevamo ripararci in un rifugio sotterraneo, Kiev ne è disseminata. Ognuno del caseggiato sapeva dove fosse e a cosa serviva il bunker, ma per quanto tempo avremmo dovuto restare lì? Ero sotto shock! E ancora oggi non capiamo il perché di questa guerra e di questo odio. In Ucraina sono anche arrivati molti volontari a combattere al fianco dei nostri militari impegnati a difendere la nostra Patria. Eravamo preparati dal 2014 a una tale eventualità, ma i problemi del Donbass ci sembravano così lontani, pensavamo fosse un conflitto locale, invece si è trasformato in qualcosa di più grande. E ora, noi che siamo di religione cristiana-ortodossa per cui il nostro Natale cade il 7 gennaio, fatichiamo a festeggiare anche il vostro Natale. Il nostro pensiero è sempre rivolto verso l’Ucraina e quando finalmente sarà libera allora sì che avremo un motivo valido per essere di nuovo felici. La nostra speranza è che il bene vinca presto sul male, affinché il popolo ucraino possa riavere tutto ciò che gli è stato tolto».

Abbonamento Digitale La Valléè
Archivio notizie
Novembre 2024
L M M G V S D
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930