L’Avvento, un periodo di attesa che può insegnare molto “Dimentichiamo la fretta, accogliamo la luce dopo il buio”
Sono ormai imminenti le festività natalizie, le prime vissute di nuovo in libertà dopo le limitazioni causate dal Covid. Come dunque affrontare questi giorni di feste nella prospettiva di viverli autenticamente e sperimentarli al meglio possibile?
«In questo viaggio verso il Natale, portiamo luce su alcune delle tappe più significative da usare, per rendere questa “vigile attesa” un po’ più vicina alla realtà, al bisogno di rallentare, di riunire e di ammorbidire il dentro e il fuori di noi. - dice la dottoressa Carlotta Minero Re, farmacista e naturopata, conosciuta per le sue conferenze sui “rimediovali” e sulla figura della santa badessa benedettina del dodicesimo secolo Ildegarda di Bingen e titolare dello studio “Noa” a Saint- Christophe - La parola Avvento deriva dal latino “adventus” e significa “venuta”. Che cosa sta arrivando? Cosa aspettiamo trepidanti? Ovviamente il Natale, con il profondo significato simbolico e spirituale che questa festa porta con sé. Proprio in virtù della sacralità di quello che verrà, l’Avvento va considerato come un momento di riflessione, di silenzio, di gioia, di speranza e di attesa. La capacita di saper vivere l’attesa è un’occasione importante per allenare la nostra capacità di aspettare. Cercare di vivere l’attesa in modo sobrio e sensato: preparare il presepe o l’albero di Natale in modo essenziale e tranquillo, chiedendoci quale dei due simboli ci caratterizzi di più, approfondendone il significato e preferendo elementi naturali rispetto agli oggetti plastificati. Possiamo provare a dedicare un pomeriggio a lume di candela alla costruzione della nostra corona dell’Avvento, magari insieme a chi amiamo, bambini compresi».
“Mettere la fretta da parte”
«Realizziamo giorno dopo giorno con amore, pazienza e divertimento piccoli doni creati con le nostre mani. - prosegue Carlotta Minero Re - La fretta deve essere messa da parte, va dimenticata, cerchiamo di vivere il più possibile in armonia con i ritmi della natura: andare a letto presto, svegliarsi all’alba, godersi il buio delle ore pomeridiane e accompagnare la stanca luce invernale con il bagliore di una candela. In questo modo attendere non sarà più un aspettare fine a sé stesso ma un vivere appieno ogni momento. E ci sorprenderà comprendere che l’attendere non ha un gusto amaro bensì dolce e piacevole, che la curiosità ci condurrà a esplorare sentieri emotivi mai percorsi prima, che la calma fa parte del nostro essere e che senza di essa tutto va alla deriva. Ritorniamo allora a vivere l’attesa come una grande maestra di vita che silenziosamente entra in noi, se glielo permettiamo, a insegnarci grandi cose. Così come si espresse il filosofo François de La Rochefoucauld: “L’attesa attenua le passioni mediocri e aumenta quelle più grandi”».
Attendere è prestare ascolto
«Tutti noi, se ci fermiamo a sostare, possiamo riconoscere dimensioni di attesa: qualcosa che speriamo possa arrivare, una notizia che speriamo di poter o non poter ricevere, un desiderio o un progetto che vorremmo realizzare. - continua Carlotta Minero Re - Molte possono essere le dimensioni della nostra vita sulle quali non abbiamo il controllo totale, che non rispondono a tempi certi e definiti, che sfuggono alla nostra programmazione e ci richiedono di coltivare pazienza, fiducia e speranza. E numerose possono essere le dimensioni della nostra psiche profonda che “aspettano” di emergere, se solo ci rivolgiamo al nostro interno e proviamo ad attraversare le nostre inquietudini invece che evitarle. I malesseri, i malumori, i disagi emozionali che ci spaventano, ci disorientano e che non comprendiamo potrebbero indicarci aspetti che dovremmo cambiare, bisogni che non abbiamo ascoltato, equilibri che forse chiedono di essere modificati. Possono essere, in altre parole, premonitori di una rinascita psichica se accettiamo la sfida di prestare ascolto agli inverni che la nostra psiche di tanto in tanto ha bisogno di attraversare. Come costruire allora la corona dell’Avvento e il suo simbolismo spirituale? Innanzitutto la sua forma circolare simboleggia l’eternità. I rami verdi che la costituiscono rappresentano la vita che continua, nonostante l’apparente morte invernale. Nella corona si susseguono quattro candele che vengono accese in successione, una per ogni domenica dell’Avvento, in un’atmosfera resa magica dai canti di Natale. Nella tradizione cristiana a ognuna di queste candele è possibile attribuire un preciso significato: la prima candela è chiamata del Profeta o della Speranza, la seconda di Betlemme o della Salvezza, la terza dei Pastori o della Gioia, la quarta degli Angeli. E poi, siano anche dedicate sulla base del nostro sentire. Attraverso questi semplici gesti, con l’accensione delle candele e la luce che aumenta di settimana in settimana, i bambini ma anche gli adulti sperimentano la magia del Natale: la Luce che vince sulle tenebre».
“L’importanza di fare luce dopo aver incontrato il buio”
«Quindi il secondo strumento che abbiamo per trascorrere questo tempo è “fare luce. - aggiunge Carlotta Minero Re – Il solstizio d’inverno è un momento di passaggio, celebrato dall’antichità, ovunque nel mondo: è un momento di transizione tra oscurità e luce, tra un periodo dall’energia vecchia e pesante e un altro caratterizzato da una ventata d’aria fresca che ci parla di rinascita, di nuovi progetti, di crescita. Solstizio, dal latino solstitium, composto da sol “sole” e da un derivato di stare “fermare, fermarsi”, rappresenta il momento di stasi del sole. In effetti, il giorno del solstizio d’inverno, sembra che il sole smetta di muoversi sull’orizzonte. E’ il giorno più corto dell’anno nell’emisfero Nord e la notte stende un velo di silenzio sul mondo. Il solstizio d’inverno, diventa quindi un appuntamento, un invito ad incontrare il proprio buio interiore. Ricordiamoci quindi che prima di celebrare la luce in tutte le sue sfumature, è importante dare spazio a quello spazio silenzioso e buio dentro di noi, anche se farlo costa fatica e disagio».
“Concentriamoci sulle piccole cose”
«Abbracciamo il silenzio e il nostro buio interiore e facendo così attiveremo il nostro terzo strumento. - dice ancora Carlotta Minero Re - Per trovare il silenzio dentro noi stessi dovremmo muoverci un passo alla volta: restringere il campo della nostra percezione come se “zoomassimo” sulla realtà, rimanendo concentrati sulle piccole cose. Concentriamoci sui suoni della natura, poi seguiamo il suono e proviamo a “vederlo”: è il vento che soffia, il canto delle foglie secche? Sentiamo come questo suono si muove poi dentro di noi e quali sensazioni fa emergere. E poi respiriamo, attraverso la soglia dentro di noi che questo suono, questa sensazione, ci ha portato a scoprire. Entriamo nel nostro bosco e incontriamoci. Lasciamo andare il passato e chiudiamo i cicli. Per poter chiudere la porta del solstizio d’inverno, suggerisco di guardare in faccia ciò che ci lasciamo alle spalle e di farci luce: da cosa vogliamo prendere le distanze? Cosa decidiamo di abbandonare? Ma anche: cosa abbiamo imparato? Facciamo chiarezza su tutto e poi ringraziamo per le lezioni apprese, i doni ricevuti, i momenti belli e quelli brutti. Ogni cosa, bella e brutta, ci ha reso ciò che siamo oggi perciò proviamo a benedire questo tempo trascorso. Poi, lasciamo tutto andare in un soffio».
“Un passo verso il futuro”
«Guardando con consapevolezza ciò che decidiamo di abbandonare al passato, facciamo un passo verso il futuro, dandogli le spalle: - conclude Carlotta Minero Re - sapendo cosa abbandoniamo, ma non ancora ciò che incontreremo. Il famoso scrittore e personaggio di teatro Alejandro Jodorowsky a questo proposito ci ricorda che: “il primo passo non ci porta dove vogliamo, ci toglie da dove siamo”. Lasciamo allora la nostra luce risplendere sul mondo, ora che si avvicina il tempo di rinascere».
Per altre informazioni sui “rimediovali” dello studio “Noa” e consulenze con la dottoressa Carlotta Minero si può telefonare al 338 3875247 oppure scrivere a rimedinoa@gmail.com.