Gigi Patruno, il “duro” che divenne pugile e conquistò il titolo italiano dei pesi medi
Luigi Patruno si portava addosso le stigmate del boxeur, in quei sopraccigli gonfi per i colpi subiti, nel naso rotto chissà quante volte, nelle mani grandi, nel fisico imponente. Il suo non era il pugilato dei balletti e della forma atletica, il suo era il pugilato dei diretti e dei ganci, dei furiosi corpo a corpo e dei colpi ai fianchi. Era la boxe che la gente amava, quella che arriva direttamente dalla strada, affinata dagli allenamenti ma sempre quella dei poveri.
Luigi Patruno era diventato Gigi a Aymavilles, dove era arrivato a 6 mesi, dopo essere nato il 24 gennaio del 1943 a Chiavari. Nella cittadina ligure il padre Giuseppe, originario di Corato in Puglia, dopo anni di emigrante in Francia, aveva conosciuto l’emiliana Gina Zini e con lei e il piccolo Luigi si era trasferito in Valle d’Aosta nell’estate del 1943 per lavorare alla Cogne. La prima casa fu a Aymavilles, all’ingresso del paese, poi il trasferimento a Villeneuve, case economiche e giochi all’aperto.
Gigi Patruno imparò nei vicoli di Villeneuve i rudimenti del pugilato, tra una scazzottata e l’altra. Carattere difficile - oggi diremmo un ragazzo irrequieto - arrivò il giorno che papà Giuseppe lo portò nel sotterraneo dell’ex Palazzo Littorio di Aosta, in piazza della Repubblica, dove funzionava la palestra per gli aspiranti boxeurs, tanti all’epoca a vestire la canottiera della Boxe Aosta. «Meglio qui che a fare danni in giro» pensò Giuseppe Patruno e così fu. Gigi aveva fisico e l’allenamento lo rese più agile, soprattutto era mancino, una caratteristica importante all’epoca per mettere in difficoltà gli avversari. Poi arrivò la Palestra Coni, quando aveva quindici anni, uno spazio nuovo ed organizzato, luminoso al primo piano della struttura con tanti ragazzi che diventarono amici.
Il primo grande risultato per Gigi Patruno arriva quando ha vent’anni, il 10 luglio 1963 convocato in azzurro per l’incontro a squadre di Jesolo contro il Regno Unito e lui sconfigge ai punti Ronnie Smith. Nel gennaio seguente è nuovamente convocato per l’Italia nella squadra che affronta a Wroclaw la Polonia ottenendo un altro successo che lo proietta a Tunisi per i Mondiali militari, manifestazione molto quotata al tempo, dove il 30 aprile conquista la medaglia d’argento dei superwelter, battuto dal tedesco occidentale Guenther Meier. Proprio in questa categoria diventa campione italiano dilettanti a Cagliari, sconfiggendo ai punti il lombardo Mario Casati, ricevendo la medaglia di bronzo del Coni al merito sportivo e proiettandosi verso l’Europeo, dove scendendo sotto i 67 chilogrammi passa nei pesi welter: si gareggia a Berlino Est a fine maggio e l’Unione Sovietica presenta il suo squadrone, tanto che vince 8 dei 10 titoli in palio. Gigi Patruno al primo turno batte il britannico Peter Henderson, nei quarti l’austriaco Rainer Salzburger, in semifinale il tedesco Detlef Dahn ma in finale il lituano Ricardas Tamulis è una leggenda, ha già vinto nel 1963 e nel 1961, è la medaglia d’argento delle Olimpiadi di Tokio e non fallisce di fronte al ventiduenne pugile di Villeneuve.
Per Patruno il risultato è straordinario e per lui si aprono le porte del professionismo. L’8 dicembre 1965 proprio ad Aosta il suo primo incontro è coronato dalla vittoria sul tedesco Adi Muller durante una riunione organizzata alla Coni dalla Boxe Aosta. Dopo 14 vittorie e 1 pareggio è pronto per sfidare il campione italiano dei superwelter Remo Golfarini, con trasferta sino a Siracusa il 19 luglio 1967: il match finisce il parità e così il titolo rimane al livornese.
E’ un periodo particolarmente felice per Gigi Patruno, nel 1966 si è sposato con Anna Petigat, la giovane donna conosciuta da bambino a Villeneuve ed è diventato padre di Mauro, poi nel 1968 nasce Gabriella. Nel tempo libero dagli allenamenti aiuta la mamma Gina al Bar Sant’Anna nei nuovi condomini che nascono in viale Federico Chabod, entrando per la prima volta in contatto con un’esperienza che lo accompagnerà per tutta la vita.
Il 1968 è anche l’anno del cambio di categoria, i difficili pesi medi. Il titolo italiano è vacante e così il 18 aprile 1969 viene organizzato l’incontro che vale la cintura, a Napoli, in casa di Mario Lamagna, il “bombardiere dell’Arenella”, avversario temibile dal pugno micidiale che scatena l’entusiasmo dei suoi tifosi. Accorrono in 5.000 al Palazzetto dello Sport per sostenerlo con Patruno, che alla terza ripresa durante un furioso corpo a corpo lo colpisce al sopracciglio, decretando la fine del match e l’assegnazione del titolo al valdostano.
Gigi Patruno lo difende con successo ad Aosta il 27 settembre contro Giuseppe Muzio poi ecco arrivare la chanche della sua carriera, il Campionato Europeo, detenuto dal danese Tom Bogs che lo aveva strappato al grande italo-argentino Carlos Duran. Il 7 dicembre 1969 a Aarhus in Danimarca il nostro Patruno regge per 5 round, prima del knock-out tecnico, toccando comunque l’apice della sua boxe che quella notte iniziò la fase discendente, visto che l’11 marzo del 1970 il ventisettenne di Villeneuve viene sconfitto all’ottava ripresa da Mario Lamagna sul ring di Caserta, perdendo la cintura tricolore dei medi. Il 4 marzo 1972 a San Remo nei medio-massimi affronta l’ex campione d’Italia Domenico Adinolfi: è il suo ultimo match. Chiude con un bilancio da professionista di 27 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte su 36 incontri disputati da professionista.
Da Valpelline dove abita, torna a Villeneuve e con Anna prende in gestione la Bocciofila Sant’Orso nel borgo di Aosta, con il bar molto frequentato. Durante la bella stagione il dehors è pieno di gente, in inverno si tira sempre tardi, i clienti giocano a carte o guardano la televisione, dal calcio al pugilato. Gigi Patruno fa sempre chiusura, racconta le sue storie, ascolta quelle degli altri, fino al 1983 quando si inventa il Tip Top a Villeneuve, lungo la statale. Quindi tanti altri locali, nel 1986 il Café du Centre a Villeneuve, poi l’alimentari del paese, il Bar Grivola a Morgex, la gelateria a Aymavilles, il Bar Nord ad Aosta nel Quartiere Cogne. Lui e Anna si rifugiano qualche giorno all’anno a Bien, villaggio di Valsavarenche, poi tornano al rumore, ai clienti, al fumo delle sigarette e al suono delle slots, tra caffè e bicchieri di bianco. Gigi Patruno ama il dehors del Centre a Villeneuve, da li seduto vede il mondo passare, saluta con la grande mano alzata. Piano piano i figli subentrano nelle attività - dopo Mauro e Gabriella sono arrivate Martine nel 1976 e Cherry nel 1987 - così Anna e Gigi salgono a Bien, da maggio a ottobre, fino a quando improvvisamente nel novembre del 2019 Anna muore. Per Gigi è un colpo durissimo, il suo mondo crolla in un attimo, malgrado i figli, i nipoti, gli amici ed i clienti, tutti gli sono vicini, ma lui si spegne poco a poco, sino a quando la demenza senile si prende anche gli ultimi ricordi.
Luigi Patruno, il boxeur che tanto assomigliava al “duro” di Hollywood Jack Palance, si è spento martedì scorso, 6 settembre, testimone dell’epopea della grande scuola del pugilato aostano che tra gli anni Cinquanta e Settanta fece emozionare un’intera regione.
Giovedì l’ultimo saluto di Villeneuve e della sua gente, ricordando quel ring al centro del nero pavimento della Coni di Aosta dove Gigi era un re.