Medico, viticoltore, fotografo... Fabrizio Priod di Issogne, una vita sempre a cento all’ora
«Fabrizio è un soggetto per niente banale. Che non bisogna mai dare per scontato. È difficile stargli dietro e conciliare con lui il tempo. Da un momento all’altro puoi ritrovarti a dovere cambiare le carte in gioco, tante sono le sue idee, i suoi progetti.»
Nasce così, dalle parole di Rossella Zanchetta, moglie di Fabrizio Priod di Issogne, l’intervista della pagina “Gente di Montagna”. Un inizio che subito fa capire che l’uomo - definito “Il chirurgo del vino” dalla rivista “Monsieur” (il mensile diretto da Franz Botré ha poi cambiato nome in “Arbiter”) - ha sempre vissuto e continua a vivere una vita “a cento all’ora”, come cantava Gianni Morandi.
Persona dai mille interessi, diretto, spontaneo e sicuramente molto spesso “controcorrente”, Fabrizio Priod, nasce l’8 febbraio 1963 a Issogne, il paese del castello per secoli appartenuto alla famiglia Challant. Ed è con un sorriso sornione che Fabrizio parla dei suoi genitori, il papà Remo Priod del 1938 e la mamma Camilla Cout del 1941 che gli hanno permesso di essere «Il primo dei figli, ma anche il secondo, il terzo, il quarto e così via. Ovvero, sono figlio unico. Della mia infanzia non posso, quindi, raccontare nulla di giochi, scorribande, dispetti e amore tra fratelli e sorelle. Altrimenti chissà quante cose e quanti ricordi uscirebbero dalle mie labbra!».
Il medico di Issogne con la mente torna ai ricordi che ancora lo circondano dei nonni paterni Maurizio Priod e Lucia Vallino (rispettivamente nati nel 1899 e nel 1904) e dei nonni materni Antonio Cout detto “Tonen” (classe 1922) e Maria Pinet del 1911. Ma ha ragione la moglie Rossella quando dice che stare dietro a suo marito Fabrizio non è facile. In pochi istanti, lui diventa un fiume di parole, ma per riportare una vita intensa su carta ci vuole qualche minuto di tempo in più. Dunque, ricominciamo dall’asilo e poi ci allarghiamo fino ai giorni nostri? Oppure partiamo dai giorni nostri e andiamo a ritroso? La risposta di Fabrizio Priod arriva in un attimo: «Comincio a raccontare dall’asilo in poi. Cioè di quando andavo dalle suore ed ero un bambino molto vivace. Talmente vivace che molto spesso mi legavano alla sedia per farmi stare fermo. Io, però, non potevo stare fermo e così me ne andavo in giro con la sedia legata al sedere. Ero lo spasso di me stesso, come anche dei miei compagni. Sicuramente non ero lo spasso delle suore! Ho sempre vissuto a Issogne, dove ho frequentato le scuole elementari, mentre a Verrès sono andare per le medie».
Successivamente l’adolescente futuro medico (e non solo!) frequenta il Liceo scientifico a Pont-Saint-Martin. Ma è durante il periodo scolastico vissuto a Verrès che Priod inizia a maturare la passione per l’atletica. «Per due stagioni ho gareggiato nelle file del Pont Donnaz, fino ad arrivare nel 1979 a essere un punto di forza a livello italiano con la migliore prestazione Allievi nei 100 metri piani. All’epoca - racconta Fabrizio Priod - ero già proiettato verso una brillante carriera sportiva nella Nazionale, ma dovetti fermarmi presto, all’età di sedici anni, per uno strappo muscolare. Così, mi sono concentrato sullo studio e sono andato avanti per un’altra strada che oltre alle materie scolastiche comprendeva la pittura a olio, altra mia passione poi abbandonata nel tempo, che forse un giorno, chissà quando, riprenderò.»
Remo Priod, padre di Fabrizio, aveva un’impresa di costruzioni in Bassa Valle e ha sempre sperato che il figlio ne prendesse un giorno le redini. Niente di tutto ciò è successo. Il ragazzo di Issogne preferisce studiare e, ottenuto il diploma di maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino, specializzandosi poi in medicina del lavoro. L’avventura universitaria coincide con l’inizio del legame con la fotografia e la musica che lo ha portato ad imparare a suonare il sax e ad entrare nella Filarmonica di Verrès, dove suona fino all’età di trentadue anni.
«La fotografia e la musica sono due grandi passioni che mi hanno dato tanto, ma che mi hanno succhiato energia per molto tempo. Suonavo nella Filarmonica verrezziese e nello stesso tempo facevo il fotografo semi-professionista. Ho iniziato a studiare musica intorno ai diciotto anni, tardi direi, sotto l’insegnamento di mio zio Ferruccio Cout che già suonava il sax e il clarinetto e con il maestro di sax Francesco Boscardin di Verrès. La passione per la fotografia, invece, è nata in me intorno ai tredici anni, quando ancora frequentavo le medie. All’epoca iniziai a leggere le prime riviste di fotografia che poi ho continuato ad acquistare per decenni e che ancora conservo tra tante altre riviste di auto, di cultura, di arredamento e molto di più. La mia prima macchina fotografica, una Contax con obiettivi Zeiss, mi fu regalata quando ero in prima liceo. Crescendo sono poi passato anche all’Hasselblad, macchina fotografica molto ambita da tutti i fotografi. Fotografavo tutto: animali di montagna, fiori, piante, montagne, torrenti e laghi alpini, arredamenti, persone, attività di ogni genere, edifici. Posseggo diverse migliaia di diapositive rigorosamente conservate e catalogate. Tutto questo è storia passata, perché oggi tutto è sostituito dalle tecnologie moderne e le “vecchie” macchine fotografiche, sono pezzi di antiquariato.»
Quale fotografo non avrebbe voluto avere tra le mani una Hasselblad, sapendo che proprio queste fotocamere erano utilizzate dalla Nasa nelle missioni spaziali del “Programma Apollo”? Proprio le Hasselblad sono state le macchine fotografiche che, il 20 luglio 1969, hanno immortalato la prima volta che un uomo, l’astronauta Neil Amstrong, mise piede sulla Luna e pronunciò la famosa frase: “One small step for a man, one giant leap for Mankind”? Tradotto in italiano: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”.
Fabrizio Priod - che oltre alla passione per la musica e la fotografia è anche grande appassionato di vela e di auto storiche, tanto da coccolare in maniera maniacale la sua NSU Prinz beige del 1970 con la quale ha partecipato all’ultima “Aosta-Gran San Bernardo” - ha praticato anche lo sci, il nuoto, la mountain bike, il trekking a piedi (attività ancora praticata oggi con meno impegno di un tempo), il tutto però abbinato a un’altra grande passione: la coltivazione della vigna di famiglia e la produzione di due vini (etichette inserite nell’elenco dei “vini naturali”) di nicchia: il Rouge Tonen e il Bocqueil.
«Il Rouge Tonen è un merlot in purezza. Il Bocqueil, che prende il nome del torrente lungo il quale si trova il nostro vigneto, è prodotto con uve miste di nebbiolo, barbera e merlot. Sono due vini - racconta il medico-viticoltore di Issogne - di fascia alta, compresa tra i venti e i venticinque euro la bottiglia, molto ricercati e molto apprezzati nei ristoranti di un certo livello. Sono due vini corposi, con gradazione compresa tra i tredici e i quattordici gradi e per i quali non ho sentito la necessità di chiedere la Doc. Sono sempre stato un uomo “contro corrente” e non ho mai creduto che per dimostrare la qualità dei miei prodotti io debba affidarmi al marchio Doc. Sono vini prodotti in maniera naturale, giacché il nostro vigneto, della superficie di un ettaro appena, è coltivato senza uso di pesticidi e diserbanti, perché prima di tutto il vino deve piacere a chi lo produce. È a mio nonno paterno Maurizio che riconosco la capacità di avermi coinvolto, quando ancora ero un bambino, in questa avventura tra i filari e la cantina. Lo vedevo prendersi cura della vigna e per ogni mia domanda lui aveva sempre pronta la risposta. Grazie a lui, sono cresciuto mantenendo le mie radici legate alla mia terra.»
Il medico-viticoltore di Issogne continua a spaziare nei meandri della sua vita, passando ancora dall’amore per la vigna al ricordo più lontano del periodo in cui è stato militare (alpino tra il 1988 e il 1989, due mesi a Salerno nell’89esimo Battaglione e poi destinato all’Ospedale militare di Torino per i restanti dieci mesi), fino al lavoro di medico per l’Usl della Valle d’Aosta (al Pronto soccorso dell’Ospedale di Aosta e al “118”), successivamente all’Ospedale di Ponderano in provincia di Biella e poi al CTO di Torino.
Fabrizio Priod non dimentica di raccontare quando e come è nato l’amore per la moglie Rossella dalla quale ha avuto i figli Lorenzo (nato nel 2010) e Gabriele del 2013.
Ma facciamo prima un po’ d’ordine e ricominciamo dal mondo del lavoro e dal mondo del vino. «C’è stato un momento nella mia vita che mi ha fatto riflettere da “spirito libero” quale sono. - prosegue Fabrizio Priod - Ho fatto la scelta di non dovere timbrare più il cartellino e oggi sono un medico libero professionista, consulente per molte aziende private, dalla più piccola alle multinazionali con oltre mille dipendenti, tra Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia, in tanti settori diversi: metallurgico, tessile, socio sanitario, cliniche private e case di cura. Il mondo del lavoro però non mi ha impedito di lasciarmi catturare dal mondo del vino. Verso la fine degli anni Novanta ho cominciato ad aiutare mio nonno Maurizio nella vigna, poi nel 1998 ho preso in mano i vigneti e nel Duemila sono uscito con la mia prima etichetta. Mio padre Remo ha chiuso la sua attività di imprenditore nel 2004 e nel 2005 ha deciso di coinvolgermi nella sistemazione di due vigne di famiglia. Siamo arrivati ad ottenere due ottimi vini e oggi ne produciamo circa quattromilacinquecento bottiglie all’anno. Per il 2023, in occasione della vendemmia, dovremmo riuscire ad inaugurare la cantina nuova proprio sotto il mio studio medico. Siamo in crescita con i vigneti e questa la considero la mia seconda attività, che spero possa diventare la prima quando andrò in pensione, semmai ci andrò. Sono un viticoltore perché piace a me, poi se piacerà anche ai miei figli per loro la strada è già tracciata. Diversamente non ne farò una malattia. La mia fortuna è avere accanto una donna che con me condivide questa mia passione per la terra e si occupa della parte commerciale. Anzi se potessi tornare indietro inizierei prima ad occuparmi di viticoltura.»
Eccoci arrivati a parlare di amore e famiglia. La curiosità sale e vista la complicità che traspare tra i due - moglie e marito - durante l’intervista, si percepisce un’unione divertente, per niente monotona. Un amore nato chissà come e chissà dove e questa volta è Rossella che parla. «Entrambi eravamo già avanti d’età. Credo che nessuno dei due avesse intenzione di mettere su famiglia quando ci siamo conosciuti, nel 2006, grazie a un amico di Fabrizio con cui dovevamo andare a pranzo. All’ultimo minuto l’amico diede forfait. Con il senno del poi ho sempre pensato che lo avesse fatto apposta! Una chiacchiera tirava l’altra e da li tutto è nato tra me e Fabrizio.»
«Galeotto fu l’amico» interviene divertito il medico di Issogne. «Direi proprio di si!» ribatte la moglie, ancora più divertita. Due anni dopo quel pranzo, nel 2008, è il momento dell’anello al dito. Fabrizio e Rossella si sposano nella chiesa parrocchiale di Saint-Vincent dove lei vive e mettono su famiglia. «Abbiamo due bellissimi bambini - riprende il discorso Rossella - e devo ammettere che ho sposato un uomo sorprendente. Quando torna a casa dal lavoro mi chiedo quale sia la novità del giorno. Ogni sua idea si trasforma in qualcosa di pratico. Non smette mai di pensare, trova sempre qualcosa da fare e sembra che per lui gli anni non passino. Le sue mani non solo sanno lavorare la vigna, ma sanno fare tutto, anche costruire per i nostri figli, che lo chiamano “papa aggiustatutto”, la casetta sull’albero completamente realizzata in legno di larice e abete.»
La casetta è un’opera d’arte che riporta indietro nel tempo a quando di casette sugli alberi la Valle d’Aosta era piena, perché dovunque i bambini potevano giocare liberi tra i prati e lungo le rive dei torrenti. Ma c’è un’altra cosa a casa Priod-Zanchetta che attira l’attenzione: il calciobalilla. Una partita è d’obbligo. Gioca anche il piccolo Gabriele. È sua la mano che segna i punti. Finisce pari. Poi è il tempo dei saluti con assaggio finale di un buon calice di Rouge Tonen.