Il verreziese che morì a Cefalonia: interessante conferenza sabato scorso

Il verreziese che morì a Cefalonia: interessante conferenza sabato scorso
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Sabato scorso, 3 settembre, nell’ambito delle celebrazioni per la festa patronale di Saint Gilles, a Maison La Tour di Verrès, si è tenuta una conferenza intitolata “Da Verrès a Cefalonia: la tragica avventura del brigadiere Pantaleone Perruchon”. Erano presenti, tra gli altri, il presidente regionale dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci Enzo Bonin, il presidente regionale dell’Anpi Nedo Vinzio, i labari del Nastro Azzurro e dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia - sezione di Verrès , il comandante del Gruppo dei Carabinieri di Aosta colonnello Giovanni Cuccurullo e il comandante della stazione dei Carabinieri di Verrès Vincenzo Russo.

Dopo un breve saluto ai presenti e, in particolare a Onorina Perruchon, nipote dell’eroe, il sindaco Alessandro Giovenzi ha lasciato la parola ai relatori. Il luogotenente dei Carabinieri Umberto Mattone - nel citare le fonti da lui consultate, avvincenti ma anche discordanti - ha suddiviso il suo intervento in tre principali aspetti. Il primo, relativo alle premesse della battaglia di Cefalonia - presidiata dal grosso della Divisione di fanteria “Acqui” nonché da Gruppi di artiglieria contraerea e di Corpo d’Armata, Compagnie mitraglieri, Carabinieri e Guardie di Finanza, batterie costiere della regia marina - a sua volta da inserirsi nella caotica situazione successiva alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Ne seguirono le altalenanti trattative trascinarsi fra violazioni degli impegni presi (da parte tedesca) e comportamenti contraddittori e indecisioni (da parte italiana).

Il secondo aspetto ha riguardato le principali fasi della battaglia, svoltasi dal 15 al 22 settembre, caratterizzata da un iniziale successo delle truppe italiane (ancora in superiorità numerica) ma che nei giorni successivi volse inesorabilmente a favore dei tedeschi, che nel frattempo avevano ricevuto rinforzi di reparti di élite addestrati e combattivi ma, soprattutto, sempre ben supportati (grazie al totale dominio dell’aria) dai temibili bombardieri in picchiata “stukas”. Invece il contingente italiano venne, per più motivi, abbandonato a sé stesso dai nuovi alleati angloamericani e dallo stesso Comando Supremo italiano.

Il terzo e più tragico aspetto ha riguardato le stragi, perpetrate da “gebirsjager” e granatieri da fortezza (quindi non dalle tristemente note S.S.) ai danni dei soldati italiani di ogni grado, arma o corpo, compresi barellieri e addetti ai servizi logistici, catturati nel corso della battaglia o successivamente alla sottoscrizione ufficiale della resa. Sulle cifre non è mai stata fatta chiarezza, anche per la difficoltà di includervi gli scampati ai massacri che annegarono per l’affondamento delle navi che li portavano verso la prigionia e coloro che si spensero proprio nei lager e nel duro lavoro coatto. Infine l’estrema beffa alla memoria di questi sfortunati (le agghiaccianti cifre variano da circa 3.000, probabilmente sottostimata, agli eccessivi 8.500. La stima più attendibile si aggirerebbe fra le 6.000 e le 7.000 vittime tra caduti, dispersi, trucidati, annegati e morti in prigionia) fu che nessuno pagò per il loro assassinio, contrario ad ogni convenzione internazionale ma anche alle più elementari regole di etica e civiltà.

«Proprio per questi motivi - dice Umberto Mattone - la decisione dell’Amministrazione comunale di commemorare un concittadino, scomparso in quei tragici giorni, appare lodevole nonché rispettosa della memoria storica, che deve essere alla base anche del nostro presente». Per i motivi medesimi il luogotenente Umberto Mattone ha ritenuto opportuno fornire, senza pretese di esaustività o giudizi postumi, un sintetico quadro della complessa situazione creatasi nel settembre 1943 in quella lontana isola delle Jonie. In sostanza la saga di Pantaleone Perruchon è la triste storia di uno dei tanti figli d’Italia, provenienti da ogni angolo della penisola, che avrebbero meritato almeno una sorte diversa.

Il presidente della Sezione Valle d’Aosta dell’Associazione nazionale Nastro Verde Michele Maurino ha riferito la biografia di Pantaleone Perruchon: si arruolò nell’Arma dei Reali Carabinieri il 23 agosto 1924, promosso Carabiniere a cavallo il 28 febbraio 1925; prestò servizio nei reparti montati dell’Arma della capitale. Nominato vicebrigadiere nel 1928, svolse servizio nelle Legioni Territoriali di Milano e Alessandria. In particolare nella Legione di Alessandria ,in guarnigione alla stazione di Briga, ebbe modo di conoscere Giorgette Prone che sarà sua moglie e da cui avrà quattro figli. Brigadiere nel 1932, fu assegnato, nel maggio del 1937, al egio Corpo Truppe Coloniali in Eritrea. Rientrato in Italia nel 1939, venne assunto in forza nella Legione Territoriale Carabinieri Reali di Torino poi, in quella di Genova. Allo scoppio delle ostilità sul fronte greco-albanese, fu mobilitato con la Divisione di Fanteria “Modena” con la quale partecipando ai combattimenti di Sella Radati-Lekduchai, si mise particolarmente in luce per iniziativa e spirito combattivo tantoché verrà proposto per l’assegnazione di una croce al Valor Militare. Promosso Maresciallo di alloggio ordinario venne trasferito al VII° Battaglione Carabinieri Reali alle dipendenze della divisione Fanteria “Acqui”. Il maresciallo Pantaleone Perruchon risulterà disperso nel fatto d’arme di Cefalonia in luogo e data imprecisata.

La lettura, da parte del primo capitano Gian Carlo Politano, della motivazione della croce di guerra al Valor Militare conferita al brigadiere Perruchon ha concluso l’interessante evento.

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