Presentato il libro che ricostruisce 250 anni di scalate sul Monte Rosa

Presentato il libro che ricostruisce 250 anni di scalate sul Monte Rosa
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Un libro per ricostruire 250 anni di storia alpinistica sulla seconda montagna più alta delle Alpi, un racconto di storie attraverso la voce dei protagonisti. E’ stato presentato a Champoluc, nell’ambito della rassegna Monterosa Racconta, il volume “Monte Rosa. 250 anni di scalate nella voce dei protagonisti” di Massimo Beltrame e pubblicato dalle Edizioni Zeisciu , che ricostruisce, tramite diari e interviste esclusive, le più importanti imprese alpinistiche sul Gruppo del Rosa, dai primi passi dell’alpinismo di conquista all’alpinismo di ricerca, in un arco temporale che va dai gressonari di inizio Settecento ai giorni nostri. Relazioni, note, monografie, scritti inediti: un materiale vasto e articolato, raccolto in anni di lavoro e proveniente da più nazioni e da epoche disparate. Per la prima volta il Monte Rosa è trattato come un’unica catena, da Ayas a Macugnaga, ponendo l’accento più sul quando che sul dove e ripercorrendo, oltre alle storie delle scalate, le vite dei personaggi e i rapporti, anche epistolari, tra loro. Senza trascurare le vicende delle guide locali.

Era presente alla serata di martedì 9 agosto scorso anche l’alpinista francese Patrick Gabarrou, che ha firmato una delle due prefazioni al volume. L’altra è scritta da Enrico Camanni, che si chiede come mai non fossero ancora state raccontate in modo organico le scalate sul Monte Rosa, oscurate dalle prime esplorazioni settecentesce sul Monte Bianco, che relegarono le seconde a «una cosa di valle, o di famiglia, come se i sette ragazzi di Gressoney (Valentino Beck, Joseph Beck, Sebastian Linty, Joseph Zumstein, Nicolas Vincent, François Castel e Etienne Lisco ndr) l’avessero fatto solo per se stessi e la comunità walser. Là c’è una storia pubblica e qui una storia privata, là un alpinismo spettacolare e qui una scalata fatta a mano. Vale per gli alpinisti famosi, che sul Monte Rosa passano in punta di piedi, senza fare rumore, e vale soprattutto per gli alpinisti del Rosa, guide e dilettanti, che a quei ghiacci e a quelle pareti dedicano un’intera vita di amori e sudori, non ricompensati dalla fama, ma da un ritorno d’affetto».

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