Vie nuove 5.8Incontri. Nicola Alessi: buon compleanno, Le Château

Vie nuove 5.8Incontri. Nicola Alessi: buon compleanno, Le Château
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Le Château compie trent’anni. Un buon traguardo per una piccola casa editrice a gestione familiare, fondata nel 1992 da Nicola Alessi e Raffaella Poletti con il determinante contributo intellettuale di Tullio Omezzoli. Specializzata in libri di montagna e di storia locale è stata la prima, in Valle d’Aosta, ad avviare una collana di narrativa “Sulle montagne" ospitando autori del calibro di Vittorio Foa, Franco Brevini, Luciano Violante, Giovanni Paolo II…. e soprattutto una collana dedicata alla storia e cultura ebraica per la quale è più conosciuta fuori valle e all'estero, in particolare in Israele. Un importante catalogo che, con adeguate risorse per la promozione delle opere prodotte, avrebbe potuto proiettare la casa editrice nel più vasto circuito delle case editrici indipendenti italiane. In ogni caso una buona resistenza in tempi duri per il libro.

Nicola, come vanno le edizioni Le Château?

Dopo anni economicamente difficili a causa delle difficoltà economiche legate alla mancanza di risorse dedicate alla cultura e alle ripercussioni della crisi iniziata nel 2010, la casa editrice ha ripreso fiato e ora produce più di un libro al mese. Consideriamo tuttavia che per anni la nostra produzione è stata di tre libri al mese e che probabilmente questi risultati non potranno più essere raggiunti.

Quali sono i problemi più grossi che avete affrontato nel passato e che dovete affrontare oggi?

La questione economica è storicamente un freno per tutte le piccole case editrici, tuttavia anche la qualità delle opere da pubblicare è un problema molto serio. Per questo motivo, da sempre, abbiamo svolto un impegnativo lavoro dedicato alla cura redazionale e editoriale dei testi che ci vengono proposti. Col tempo abbiamo ampliato i nostri orizzonti anche fuori della Valle d’Aosta e le opportunità sono di molto aumentate.

Soddisfazioni, delusioni, rimpianti, libri che ti sei fatto sfuggire o che rimpiangi di aver pubblicato?

Tra le soddisfazioni più grandi vi è certamente l'invito dell'Istituto di cultura italiano di Tel Aviv per una serie di conferenze a Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme dove abbiamo presentato la nostra casa editrice e la nostra collana "Ebraica Storie Memorie" che è stata accolta nella biblioteca di Yad Vashem il museo-memoriale dello sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. I libri che avrei voluto pubblicare e per motivi vari non ho potuto sono moltissimi. Tra le ultime aver curato e pubblicato la biografia spirituale di padre Sorge, un lavoro per il quale è stato necessario un anno di lavoro tra lettura, preparazione e scrittura, e che ha avuto notevoli riscontri su tutte le testate nazionali. Ho molti rimpianti, tra tutti vorrei ricordare la mancata pubblicazione del volume di Ernesto Ferrero sugli einaudiani (Giulio Einaudi, Massimo, Mila, Leone Ginzburg e Cesare Pavese) che riunivano tutti gli anni a Rhemes per la programmazione della casa editrice e l’ultimo: la pubblicazione del discorso di Liliana Segre al Parlamento europeo, ci è passata "sopra" una grande casa editrice, peccato.

Se dal tuo catalogo dovessi consigliare ai nostri lettori un libro per l’estate?

Il lavoro di editore nel tempo si è incrociato anche con la scrittura. Spero di non apparire autoreferenziale, ma credo che "Voci di Montagna" che ho scritto con Silvia Granata intervistando ben trentadue personaggi della cultura italiana sul tema della montagna, sia un'ottima lettura per le vacanze in montagna. Tra i nostri libri di divulgazione sempre legati alla Valle d'Aosta consiglierei Parco Nazionale Gran Paradiso che in occasione del centenario della nascita del Parco, rappresenta, a mio parere, il miglior strumento per conoscere la storia del più importante e antico parco nazionale italiano.

C’è ancora un futuro per l’editoria ai tempi del digitale? Come pensate di muovervi in un mondo a rischio di estinzione?

L'editoria digitale non è un problema per le piccole case editrici che continueranno a produrre libri analogici anche se con sistemi di stampa digitali. Il libro cartaceo ha una tecnologia molto efficiente e sperimentata da secoli che non andrà in disuso. Il bisogno di realtà, in questo caso tenere un libro in mano, sentirne l'odore, la solidità e anche la verità, i volumi analogici non possono essere manipolati con facilità, continuerà a spingere autori e lettori verso la carta. Considero tutto ciò che è digitale effimero e incontrollabile e valutato che non esiste ancora una tecnologia digitale grazie alla quale possiamo sperare di tramandare la cultura nei secoli a venire, penso che il libro offra ancora molte garanzie perché invece ciò avvenga. Voglio aggiungere che la cultura digitale e informatica a mio parere è funzionale per un certo tipo di economia, cultura, politica e già oggi è utilizzata da politici scaltri e gruppi di potere non controllabili democraticamente, e per questo molto pericolosi oggi e soprattutto nel futuro. I decenni a venire credo metteranno alla prova la capacità di discernimento delle persone che già oggi appare sopraffatta dal colpevole cattivo uso dall’informazione digitale. Il libro cartaceo a mio parere è, e sarà sempre un argine a questa deriva, spero che l'affermazione del digitale e l'oblio dei testi legato all’archiviazione di questo tipo che ho già definito "effimera" non sia una nuova modalità utilizzata dai potenti che in ogni tempo, che per affermare le loro verità hanno bruciato i libri di coloro che non la pensavano come loro. 1984 di George Orwell ha su questi temi ancora molto da insegnare, soprattutto ai giovani della "Generazione Z", nativi digitali.

Ecco una terza, e certamente più importante, lettura che consiglio a tutti.

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