Vie Nuove 5.6. La montagna scritta. Volume 1
Vie Nuove 5.6. La montagna scritta. Volume 1
In Italia è consuetudine tra gli studiosi lamentarsi delle biblioteche (tranne quella di Aosta che piace davvero a tutti). Soprattutto delle Biblioteche Nazionali. Orari di apertura impossibili, limiti da urlo alle richieste di libri, tempi di attesa infiniti, “novità” che arrivano dopo anni, libri a catalogo misteriosamente scomparsi (alla Nazionale di Firenze era sempre l’alluvione del ’66, in quella di Torino il bombardamento del ’42 o l’incendio del 1904). Oggi, per fortuna, ci sono almeno i cataloghi online che ti risparmiano un viaggio a vuoto, ma una volta erano il peggiore incubo dei ricercatori. Sembravano fatte per nascondere i libri, come Nel nome della rosa.
Ma c’è un’altra biblioteca in Italia che fa eccezione, di cui nessuno parla male. Per la gentilezza e la competenza delle bibliotecarie, per l’efficienza e la rapidità del servizio, per la ricchezza della documentazione. Parlo della Biblioteca Nazionale del Club Alpino Italiano, a Torino, al Monte dei Cappuccini, proprio sotto il celebre Museo della Montagna, dal cui terrazzo si domina il panorama della città e tutto il circo delle Alpi occidentali. Un paradiso per gli appassionati di montagna (sempre che, come ci dice Borges e ci ricorda il Presidente, Vincenzo Torti nella prefazione, il paradiso abbia davvero la forma di una biblioteca) di cui oggi sappiamo molto di più. Due imponenti volumi, editi dal Club Alpino Italiano e curati da Gianluigi Montresor e Alessandra Ravelli, ci conducono nelle stanze segrete di questa biblioteca, di cui abbiamo amato il palcoscenico e che ora possiamo spiare dietro alle quinte.
Incominciando dal saggio di apertura della responsabile, l’appassionata ed esperta bibliotecaria Alessandra Ravelli, che ci racconta La storia e le raccolte della Biblioteca Nazionale del CAI. Una biblioteca nata nel 1863, all’indomani della famosa assemblea del 23 ottobre, nel Castello del Valentino, che fondava il Club Alpino di Torino, primo nucleo del futuro Club Alpino Italiano. Inizialmente doveva servire a raccogliere quei libri, riviste, mappe e carte geografiche utili al ristretto gruppo dei soci del Club per andare in montagna e “promuovere la conoscenza e lo studio delle montagne”. Oggi, dopo diversi trasferimenti, nella nuova sede del Monte dei Cappuccini, la biblioteca contiene circa 42.000 volumi, 1650 periodici (molti dei quali in corso di digitalizzazione), circa diecimila carte topografiche (di cui un migliaio visibili online), un archivio storico e la raccolta di numerosi carteggi di alpinisti e intellettuali che in qualche modo hanno avuto relazioni con il Club Alpino Italiano.
Ma nei due volumi c’è molto di più.
C’è un viaggio guidato dalla geografa Paola Pressenda, docente dell’Università di Torino, alle origini delle collezioni geografiche, viaggio che ci riporta alla Torino capitale d’Italia, ai primi anni del Club Alpino, nato accanto al Circolo Geografico Italiano, primo nucleo di quello che diventerà la Società Geografica Italiana di Firenze.
C’è uno studio di Alessandro Pastore, il massimo studioso della storia del Cai e dei rapporti fra alpinismo e politica nell’Italia unita, sul carteggio fra Guido Rey ed Emile Gaillard, dove l’autore del Monte Cervino e di Alpinismo acrobatico prende nettamente le distanze dalla deriva eroica e superomista di Lammer che insegna “la beauté de la mort en montagne”, mentre noi, assicura Guido Rey, “nous y cherchons la vie”.
C’è un’acuta analisi di Enrico Camanni del carteggio fra Giovanni Bobba, il magistrato-alpinista torinese, e la guida di Rhêmes Casimiro Thérisod, “uno dei figli più schietti e singolare della Valle d’Aosta”, raro esempio di due mondi distanti che cercano di capirsi e di dialogare.
Pietro Crivellaro, in un saggio ampio e di ostinato rigore, denuncia come la “leggenda di Balmat” regni ancora a Chamonix, nonostante una “schiacciante bibliografia” abbia ormai smascherato il castello di “falsità e calunnie” costruito intorno a un Balmat, “ideatore e artefice esclusivo della conquista del Bianco”.
Gianluigi Montresor esplora la letteratura di montagna per i ragazzi dal best seller Heidi di fine Ottocento fino al 1950, passando attraverso i racconti educativi di De Amicis, le avventure in montagna di Salgari, quelle umoristiche di Tartarin de Tarascon fino a quelle drammatiche del Piccolo Alpino di Salvatore Gotta. Anna Girardi prosegue il viaggio dal 1950 ad oggi includendo fumetti (un Paperino alpinista del 1978 e un Topolino del 2013 di cui non sospettavo l’esistenza), manuali di arrampicata, avventure illustrate, “un universo che parla ai più piccoli,ma che ha molto da insegnare a tutti”.
Poi ancora il Gran Sasso, con una panoramica delle pubblicazioni curata da Valter De Santis; l’alpinismo al femminile raccontato con passione e competenza da Linda Cottino, la prima studiosa italiana delle donne alpiniste; le montagne del mondo rivisitate dal massimo esperto italiano del settore, Roberto Mantovani; le montagne in musica, con le raccolte di spartiti descritti da Gianluigi Montresor.
Infine, ed è solo il primo volume, Leonardo Bizzaro ripercorre le origini e la diffusione dello sci nel mondo alpino. Partendo da un libro assai curioso di un sacerdote-esploratore di Ravenna, di cui confesso non sapevo nulla: Francesco Negri, Viaggio settentrionale, edito a Padova nel 1700. Ben due secoli prima della loro comparsa ufficiale, a Torino, al parco del Valentino, con le famose lezioni di Adolf Kind, Francesco Negri, sacerdote, viaggiatore, probabilmente primo italiano in Lapponia spintosi fino a Capo Nord nel 1663-66, non solo aveva osservato nei suoi viaggi quelle “due tavolette sottili”, ma le aveva anche provate e “sul principio quand’io apprendeva il pericolo, cascava; ma poi dall’esercizio ammaestrato, e preso coraggio, mi reggeva”. Aveva anche imparato la pratica della “voltata” e sapeva fermarsi virando “in fianco del monte”.
(continua)