Il “Rally Neige”, le auto e l’amore per la natura: la vita a tutta velocità di Alessandro Milliery

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Le passioni vere richiedono sacrificio e sono totalizzanti. Parola di Alessandro Milliery, che in trentacinque anni ha disputato settanta rally e che definisce il suo amore per i motori «prossimo alla compulsività», una passione «alimentata dall’impossibilità di viverla direttamente, perché condannato geograficamente in un angolo d’Italia». Ecco quindi che per lui quello da vivere era quell’unico importante evento automobilistico tra le nostre montagne: il «Trofeo Valle d’Aosta», che ha debuttato il 26 settembre 1971. «Se avessi tutti i soldi che ho speso nelle auto da rally, ora sarei meno felice» commenta Alessandro Milliery.

Quindi in queste settimane, dopo il ritorno ad inizio giugno del «Valle d’Aosta» assente dalla ribalta nazionale dei rally da dieci anni, l’argomento è quanto mai di attualità, anche perché l’occasione per Alessandro Milliery è stata pure quella di presentare il suo libro, il suo lavoro di ricerca dedicato alla nostra gara - soprattutto ai suoi anni migliori, fino al 1989 - ed intitolato «Il Rally Neige», come lo chiamavamo.

D’altronde, le parole di Alessandro Milliery trasmettono tutto il suo amore per i motori e l’entusiasmo con cui ha affrontato ogni capitolo della vita, dal corso allievi ufficiali della Scuola Militare Alpina al lavoro di geometra e al «mestiere» di papà. Nato ad Aosta il 29 agosto del 1966, ha sempre vissuto a Pré-Saint-Didier, rifuggendo dai grandi centri, dove mai sarebbe riuscito ad abitare: «Sono una persona selettiva e caratterialmente riservata, non mi trovo nella massa, preferisco i miei affetti, i miei amici, le montagne, piuttosto che condividere gli spazi con chicchessia».

Il papà Valter è nato a Parigi nel luglio 1942, perchè i suoi genitori Maurizio Milliery e Lidia Isabel erano emigrati lì, come tanti valdostani dell’epoca, in cerca di lavoro. La mamma Carmen Tripodi è di Reggio di Calabria ed è arrivata in Valle d’Aosta a tre anni, insieme ai genitori Maria Letteria e Paolo, operaio alla Cogne.

Per Alessandro Milliery fin dalla primissima infanzia Pré-Saint-Didier è stato il luogo delle sue radici, la sua «culla». Lì ha frequentato l’asilo e le scuole elementari, per poi spostarsi per le medie a Morgex e per le superiori ad Aosta all’Istituto tecnico per geo-metri che si trovava nel Collegio Saint- Benin, con la sua antica chiesa che ospitava la palestra. Anche quando frequentava le scuole a Morgex e poi ad Aosta, Alessandro ha sempre fatto avanti e indietro in giornata dal suo paese in pullman, «all’epoca nevicava parecchio, per cui, se c’era una valanga che interrompeva la strada tra Pré-Saint-Didier e Morgex, la scuola era sospesa e si tornava a piedi, del resto, per pulire le strade c’erano mezzi rudimentali, con l’Unimog del Comune che aveva il triangolo in legno legato dietro».

Alessandro Milliery ha avuto un buon percorso scolastico. Serba un ricordo vivido degli amici di infanzia, suoi compagni di giochi: in particolare di Lorenzo Federico, purtroppo già morto in un incidente stradale, con cui passava interi pomeriggi in bicicletta, oppure dei suoi nonni materni che abitavano a Champex, dove avevano una stalla e un fienile. «Era una società senza schermi - ricorda Alessandro Milliery - nella quale la televisione aveva solo due canali. Ricordo ancora il gusto di quella cucina semplice della nonna di Lorenzo, Maria Vallomy, che ci preparava una tazza di the con una fetta di pane, che per noi era la merenda più gustosa, perché aveva il sapore caldo dell’amicizia.»

Dai nove anni fino alla conclusione delle medie, con Lorenzo ed altri compagni giocavano a fiolet nel fienile, andavano in bicicletta sui sentieri, facevano le battaglie di pigne e costruivano le capanne nel bosco. «La situazione di quegli anni permetteva ai genitori di lasciare i figli in giro anche da soli, godendo di ore di piena libertà e autonomia. All’epoca si poteva spaziare in un ambiente privo di pericoli, giocando in gruppo.» La sorella Patrizia, di tre anni più giovane, del 1969, è invece sempre stata «esclusa dai giochi dei maschi», d’altronde ai quei tempi funzionava così.

Alle scuole superiori ad Aosta, «che gli sembrava New York» rispetto alla sua Pré-Saint-Didier, aveva due rientri e, in quei giorni, si fermava a pranzo dalla nonna paterna Lidia Isabel, originaria di Roisan, che compare, insieme ai genitori ed ai due figli Fabiano e Martino, di diciannove e diciassette anni, nella dedica del libro «Il Rally Neige», visto che è stata una figura importante nella sua vita. «Sono sempre stato affascinato dal carattere deciso della nonna Lidia e le fortune della mia famiglia sono dipese dalle scelte di questa donna, che ricordo con tantissimo affetto».

Dopo il diploma, che a metà degli anni Ottanta poteva considerarsi già un traguardo e non un limite come adesso che, se non hai una laurea, ti devi adattare, Alessandro Milliery non ha proseguito gli studi e per alcuni mesi ha praticato la libera professione di geometra. Come racconta sempre ai suoi figli, che vivono a Sarre con la mamma Erika Randazzo e che studiano - Fabiano all’Istituto tecnico commerciale e in contemporanea lavora come cameriere e Martino, cantautore con il nome d’arte di R1sTa, dopo avere pensato di diventare elettricista ora vorrebbe intraprendere un percorso formativo nel settore socio-sanitario - «nel momento in cui non hai la possibilità di scegliere, non sei libero e questa libertà oggi te la può dare solo lo studio. Ogni lavoro, se fatto con passione e onestà, è meritevole, ma devi avere la possibilità di sceglierlo, non devi essere obbligato solo perché non hai un titolo di studio».

Dopo il diploma, nell’aprile del 1986, è partito per il servizio militare, venendo accolto nel 123esimo corso per allievi ufficiali di complemento della Scuola Militare Alpina di Aosta. «Cinque mesi in cui si sono creati dei rapporti di fratellanza con i compagni, perché all’epoca era considerata la scuola militare più dura d’Europa. Per settimane abbiamo dormito solo quattro ore per notte, non ci era consentito camminare ma solo correre, c’erano prove fisiche durissime e lo studio delle materie legate all’attività militare. Dormire così poco ogni notte e resistere sveglio in aula era di per sé una prova di carattere, anche perché, se la palpebra calava, si era puniti. E’ stato temprante frequentare quel corso a diciannove anni, una vera sfida con me stesso, che mi ha insegnato disciplina, metodo, ordine e rigore, ma ha avuto anche risvolti ludici, rifarei anche subito l’esperienza se avessi ancora il fisico. C’era gente già laureata, con altre esperienze di vita, che crollava psicologicamente. Per tre mesi non sono tornato a casa, i superiori a volte mi firmavano la licenza e poi mi strappavano il foglio davanti agli occhi. Pur nella sua durezza e nella sua negazione delle libertà, il servizio militare è stato la mia ultima ultima vacanza, il momento di passaggio alla vita adulta.»

Dopo avere concluso il corso, Alessandro Milliery è stato assegnato come sottotenente alla 42esima compagnia del Battaglione Alpini Aosta. «Era un vero lavoro, pagato anche piuttosto bene e mi piaceva molto ma, siccome sono sempre stato un idealista, ho visto che l’ambiente non era così lineare, per cui, finito il periodo di 15 mesi, 5 di corso e 10 retribuiti, ho chiuso quel capitolo.»

Inizialmente avrebbe voluto proseguire l’attività dell’accoglienza turistica nell’albergo dei suoi genitori, l’Hotel Dora che si trovava all’angolo delle due statali, quella del Piccolo San Bernardo e quella del Monte Bianco. «L’albergo con annesso ristorante era ospitato dalla casa di famiglia, prima accoglieva un’osteria, poi la nonna Linda Isabel con grande coraggio e con la prospettiva dell’apertura del traforo alla fine degli anni Cinquanta convinse il nonno Maurizio ad alzare il fabbricato e a ricavare le camere. La nonna Linda venne poi affiancata da papà Valter e da mamma Carmen, fino al 1989 quando l’Hotel Dora chiuse per sempre, mentre il ristorante aveva cessato l’attività già qualche anno prima. Mi sarebbe piaciuto occuparmi dell’albergo, nonna Linda mi sosteneva, ma mio padre Valter non ne volle sapere e chiuse.»

Così Alessandro Milliery ha iniziato a lavorare come geometra e a trovargli il posto nello studio dell’ingegner Paolo Jaccod a Morgex fu un amico amico d’infanzia, anche lui di Pré-Saint-Didier, Diego D’Herin, che in quello studio esercita tutt’ora, e con il quale da sempre condivide la passione per i rally. Diego D’Herin è una vera memoria storica del «Valle» e quindi ha collaborato alla stesura del libro «Il Rally Neige». «Con Diego insieme facevamo l’assistenza alle macchine oppure le prove, anche senza ancora avere la pa-tente. Pure con Ivano Passeri la passione per la velocità era comune, con entrambi ha corso tutte le gare, ma il binomio nei rally è sempre stato con Diego D’Herin come navi-gatore.» Il debutto al «Rally Valle d’Aosta» risale all’edizione del novembre 1985. «La passione vera, che mi ha spinto a scrivere questo libro, è nata intorno ai nove anni, quando abitavo sulla strada statale, nell’albergo di famiglia, e vedevo passare le auto dei rallysti in trasferimento. In pratica sotto la mia stanza passavano per il trasferimento verso Morgex dopo la prova speciale del Colle San Carlo e io, nel buio della stanza, saltavo fuori dal letto e andavo ad ammirarle così colorate e rumorose. Vedere quegli equipaggi, che a volte si fermavano per l’assistenza, ed i navigatori, che facevano i calcoli sui tempi, mi dava un’eccitazione incredibile. Mi affascinavano in particolare i piloti, che erano i cavalieri della mia infanzia, così come leggere Autosprint, che era la Bibbia delle corse in auto. Aspettavo con trepidazione ogni anno che partisse il “Valle” e l’attesa era di per sé già un piacere. All’epoca il percorso veniva sempre provato più e più volte dai piloti, soprattutto dai valdostani che approfittavano delle ore notturne e il rumore era inconfondibile, musica per le mie orecchie.»

Il «Rally Valle d’Aosta» aveva le stesse caratteristiche di quello di Montecarlo, con condizioni variabilissime di fondo: dal ghiaccio alla neve, all’asfalto asciutto ma gelato e quindi scivoloso. Tanto che inizialmente dalla Lancia e poi anche dalla Fiat per fare correre le proprie auto ed effettuare i test in vista del «Rally di Montecarlo», era una sorta di gara-laboratorio. Da qui il titolo del libro, che ha la prefazione di Cesare Fiorio, storico direttore sportivo della squadra Lancia, frequentatore abituale di Cervinia e grande amico del «Valle», che a lui deve molto.

«Ho iniziato investendo tutti i soldi che guadagnavo, ma più di una o due gare all’anno non mi potevo permettere a diciannove anni. L’automobilismo sportivo è molto costoso, anche a livello amatoriale. - spiega Alessandro Milliery - Crescendo con il mio lavoro, ho avuto più possibilità e nel 2001 ho affrontato il “Trofeo Peugeot 306”, che ho vinto, e mi sono cimentato con auto più performanti. Nel “Rally Valle d’Aosta” sono arrivato per tre volte secondo tra i piloti valdostani, nel “Trofeo Carlo Baseli”, nel 2002, 2003 e 2007, dietro a Marco Blanc, Giorgio Blanc e Fulvio Calvetti.»

«Certo i miei primi ricordi sono per quei “cavalieri” piloti del mio tempo da ragazzo. Come Sandro Munari, vincitore nel 1977 della prima edizione del “Rally Neige” su Lancia Stratos, Fabrizio Tabaton, Gianfranco Cunico, Dario Cerrato, Federico Ormezzano e Attilio Bettega, il pilota che ha vinto di più in Valle, deceduto in un incidente in Corsica nel 1985.» Dal 1971 al 1976 il «Rally Valle d’Aosta» si correva in primavera o in autunno. Dopodiché, grazie agli accordi tra l’Aci valdostano e le scuderie di Fiat e Lancia, la gara è stata spostata a dicembre per permettere di competere in condizioni invernali. Dal 1977 al 1989 si sono disputate tredici edizioni. «Essere pilota - evidenzia Alessandro Milliery - è qualcosa che senti dentro: è un ruolo, ci nasci, vuoi toccare il volante. Se guida qualcun altro io ho paura, anche perché è uno sport in cui si rischia la pelle e il pilota ha la responsabilità anche del navigatore che gli sta vicino. E’ uno sport che bisogna fare con coscienza, cercando di limitare le variabili pericolose. Andare forte su stradine di montagna non è come giocare una partita di calcio o di tennis. Meglio esserne cosciente e salire in macchina con un po’ di timore per correre in sicurezza. Ho rinunciato a tanto, quando gli altri andavano in vacanza o a divertirsi, io restavo a casa e mettevo da parte i soldi da investire nel mio rally. Ho sempre sognato di competere in gare avventurose. Adesso i rally sono cambiati. le gare ricordate nel libro avevano un altro fascino e più poesia, erano lunghe e massacranti, l’equipaggio doveva avere resistenza fisica e saper gestire il mezzo; non vinceva il più veloce, ma chi sapeva cogliere l’attimo per fare scelte azzardate e strategiche.»

Il libro di Alessandro Milliery è nato per questa passione e per questa nostalgia di come erano quelle corse in Valle d’Aosta: racconta il periodo d’oro del nostro rally, quando era vissuto su strade scivolose, ghiacciate e coperte dagli aghi dei larici. «Si dice che nella vita bisogna almeno una volta piantare un albero, fare un figlio e scrivere un libro, io ho fatto tutte e tre le cose. Ho concentrato passione, conoscenze e un po’ di capacità di scrivere in cinque anni di ricerche. L’editore Pesando di Aosta ha stampato cinquecento copie e probabilmente andrà in ristampa.»

L’Aci Valle d’Aosta è quindi riuscito a riportare in calendario la gara, che ha avuto quest’anno centosettanta partecipanti, tutti desiderosi di rivivere l’esperienza. «Dopo dieci anni si è ripartiti dal basso - commenta Alessandro Milliery - con un campionato nazionale e non europeo come quelli di cui scrivo nel libro, ma con un successo straordinario, imprevisto e meritato.”» Ha partecipato, al suo debutto come pilota, anche suo figlio Fabiano, che aveva già gareggiato come navigatore e «che ha saputo gestire una situazione meteo difficile, dimostrando maturità e soprattutto passione».

Oltre al lavoro da libero professionista, Alessandro Milliery ama il fiolet, il nuoto e l’osservazione degli animali selvatici, con la ricerca dei palchi dei cervo. «Sono un alpino anomalo, che preferisce il nuoto allo sci. L’ho iniziato nel periodo delle scuole medie, in concomitanza con l’apertura della piscina regionale a Pré- Saint-Didier, dove si era creata una squadra di amici nuotatori del paese. La passione mi è tornata intorno ai trent’anni quando ho iniziato a partecipare alle competizioni master, sia in piscina sia nelle acque libere. Ero più resistente che veloce.»

Un altro suo interesse è quello per gli animali selvatici che popolano le montagne. Lo condivide con Francesco Guffanti, fotografo naturalista di La Thuile originario di Milano, con il quale effettua le uscite in montagna, durante le quali in primavera cerca i palchi dei cervo, trovandone una decina all’anno. «Addentrandoci nel bosco, che accoglie gli animali selvatici che fuggono dalle strade, si riesce ad avere una diversa dimensione della montagna, che non è quella dei sentieri, delle piste o dei rifugi, bensì quella degli animali.»

Il fil rouge di tutte le attività di Alessandro Milliery è senza dubbio la Valle d’Aosta, a cui è legato anche nel tempo libero, visto che per carattere rifugge la massa e gli stereotipi, optando per scelte di nicchia e per forti emozioni, come quelle che solo la nostra natura può regalare, anche se a volte, per pochi giorni, percorsa a grande velocità con l’auto da rally ma con la sensibilità di un pilota che prima di tutto la rispetta.

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