Quarant’anni fa la mitica vittoria dei Mondiali di calcio «Dopo quel successo, tanti giovani iniziarono a giocare»

Quarant’anni fa la mitica vittoria dei Mondiali di calcio «Dopo quel successo, tanti giovani iniziarono a giocare»
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Era l’Aosta delle Vespe e dei Ciao, del campetto del Quartiere Cogne e delle «vasche» in via De Tillier, dei tornei di calcio che occupavano le serate estive prima di una birra e di un «esotico» hotdog al Bulldog Pub di Sarre. Si riusciva a vivere senza il telefonino ed i Mondiali del 1982 furono i primi che praticamente tutti vedemmo a colori, dopo che per quelli del 1978 lo erano stati solo per pochi privilegiati, beneficiari della costosa novità, ancora divisa tra i sistemi Pal e Secam. Forse anche per questo motivo i Mondiali di calcio spagnoli del 1982 erano molto seguiti, con le partite pomeridiane e serali ed i ritrovi in casa di amici, senza dimenticare che la partita potevi vederla una volta sola, oppure te la raccontava qualcuno, perché non esisteva la possibilità di registrare per guardarla quando volevi, per fare tornare indietro l’immagine, per rallentarla, per guardarla e riguardarla. Solo la memorabile sfida Italia-Brasile di lunedì 5 luglio allo Stadio del Sarrià di Barcellona (demolito nel 1997) ebbe l’onore di essere ritrasmessa dalla Rai il pomeriggio seguente, per coloro che si erano persi uno degli incontri memorabili nella storia del calcio italiano.

Poi dopo la vittoria di slancio con la Polonia di giovedì 8, arrivò la grande giornata: la finale mondiale di domenica 11 luglio, Stadio Santiago Bernabeu, Madrid, avversaria la Germania Ovest, come si diceva allora. Una sfida che ricordava ancora agli italiani l’epica semifinale di 12 anni prima, all’Atzeca di Città del Messico, quella definita la partita del secolo che vide gli azzurri superare 4 a 3 i tedeschi ai tempi supplementari. Tanti valdostani seguirono la finale in vacanza, molti turisti fecero altrettanto nelle nostre località, comunque quella serata è rimasta memorabile per noi tutti, per il risultato finale ma non solo, soprattutto per l’esperienza che vivemmo, insieme agli amici, in famiglia, festeggiando con persone che neppure conoscevamo nelle piazze e nelle vie, salendo sulle auto strombazzanti, tornando a casa tardi, con la comprensione complice dei nostri genitori.

Fu una serata speciale, straordinaria. Avvenne esattamente 40 anni fa. E’ difficile raccontare le sensazioni di quei giorni e di quella notte che ha segnato in positivo le nostre vite, un evento che per chi lo visse non è neppure paragonabile al successo dell’Italia ai Mondiali del 2006. Il contesto era talmente diverso, per mille ragioni, che quella vittoria del 1982 è rimasta un patrimonio speciale per chi c’era.

«Il 1982 - ricorda Giulio De Ceglie, insegnante ed affermato dirigente del calcio valdostano - era il mio secondo anno da allenatore all’Aosta Calcio, come responsabile della squadra juniores nazionale e vice di Osvaldo Cardellina per la serie D. Vidi perciò il Mondiale più che altro dal punto di vista tecnico. A mio avviso è stato l’ultimo grande trionfo del calcio italiano, ovvero di quel che dovrebbe essere la nostra scuola calcio: contropiede, marcatura a uomo, difensori e portieri di alto livello, e davanti attaccanti contropiedisti e rapidi.»

«Dal punto di vista politico - commenta Giulio De Ceglie - il calcio era poi un’altra cosa in quegli anni, perché non era solo spettacolo ma qualcosa di sentito tra la gente. C’era stata molta gioia iniziale e molta voglia di festeggiare, appunto perché il calcio faceva proprio parte della vita delle persone. Dal punto di vista calcistico fu anche un grande spot quella vittoria. I giovani si avvicinarono al calcio e volevano iniziare a giocare. Questo accadde anche in Valle d’Aosta. Spinti da quella vittoria molti giovani si iscrissero alle società di calcio locali. A vederlo a distanza di anni quel successo fu un momento bello e importante che insegnò a noi italiani ad attraversare momenti difficili. Però le celebrazioni di quella vittoria a distanza di 40 anni sono esagerate: ricordiamo che all’inizio del Mondiale ci fu una grande contestazione nei confronti della nazionale e poi dopo quanto vincemmo tutti furono contenti. Diciamo che fu un bel momento, in un contesto in cui il calcio era molto vivo anche in Valle d’Aosta. Avevamo una squadra, l’Aosta, in serie D da 6 anni, e i ragazzini giocavano volentieri e con grande passione. Ribadisco, quel successo fu un grande spot per il calcio, perché l’emulazione dei vincitori è una cosa importante.»

Altro personaggio carismatico del calcio valdostano, Enrico Edifizi, attualmente dirigente dell’Aygreville, visse quell’esperienza con grande intensità: «I Mondiali del 1982 furono un momento indescrivibile, pieno di emozioni bellissime. La squadra era partita male con una bassa considerazione da parte di tutti, sia della stampa che di noi appassionati. Eravamo proprio dati per perdenti e anche i primi risultati non furono eclatanti. Poi piano piano gli azzurri presero fiducia, condotti da un super commissario tecnico. Quando si perde gli allenatori sono sempre messi in discussione, ma in questo caso Enzo Bearzot fece un gran lavoro e tutti i giocatori in campo diedero il meglio. Anche se questa vittoria cambiò molte cose anche vari ambiti, credo che dopo un primo momento di euforia ci adagiammo. Nel mondo del calcio non cambiò nulla. Chiaramente avremmo potuto fare di più dal punto di vista organizzativo della Federazione e delle società. A parlare siamo tutti bravi poi realizzare le cose diventa sempre più complicato. Comunque fu una vittoria che diede un grande impulso e fece da traino per tutto il movimento calcistico italiano, che a mio giudizio avremmo potuto sfruttare meglio».

Per Marino Guglielminotti, già vicesindaco di Aosta, il gioco del calcio è sempre stato un fattore di sviluppo per la società in cui viviamo. Nel 1982 era direttore sportivo dell’Anpi Elter in Prima categoria, dopo esserne stato a lungo giocatore. «Ricordo che la finale la guardammo a casa con mio papà Ernesto, all’epoca presidente dell’Anpi Elter, mia moglie Lucia e mia figlia Michela di 7 anni. Quella vittoria fu un momento felice, che arrivava dopo un periodo nel quale l’Italia attraversò grandi difficoltà politiche e sociali. Non penso però che fu la vittoria dell’Italia ai Mondiali del 1982 a decretare la fine degli “anni di piombo”. L’evoluzione è un processo naturale, passato quel momento di euforia tornò tutto come prima. La società cambia in autonomia e l’evoluzione non è un processo che dipende da eventi favorevoli. Fu un avvenimento bello che ci fece festeggiare molto, però ribadisco che tutto tornò come prima.»

Renato Favre, attuale vicepresidente del Consiglio comunale, nel 1982 aveva 34 anni ed era impiegato all’Esattoria. «Ricordo una finale bellissima e una straordinaria emozione. Ricordo anche un corteo per la città di Aosta molto bello. In quel periodo noi italiani eravamo molto divisi e il senso di unità nazionale non era dei più marcati. Questa vittoria facilitò e favorì un intento di coesione e fu questo il lato positivo oltre all’aspetto calcistico.» «Anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini - spiega Renato Favre - contribuì con le sue dichiarazioni e il suo atteggiamento straordinario durante le partite. Si comportava come un qualsiasi italiano allo stadio, abbracciava tutti ed era insieme ai giocatori con spirito di fratellanza e amicizia. Ci fu anche un aspetto morale nella vittoria dell’Italia, ovvero quello di essere uniti contro una causa comune. Noi non eravamo assolutamente favoriti. Ricordo il silenzio stampa da parte della squadra. Gli azzurri furono molto contestati fin dall’inizio e il nostro centravanti Paolo Rossi era appena uscito dallo scandalo del calcio scommesse. Questa vittoria riportò un po’ di armonia e riuscì a superare qualsiasi tipo di discussione in atto.»

All’epoca era un 23enne Luciano Caveri, giovane giornalista che da li a 5 anni sarebbe diventato deputato della Valle d’Aosta. «Mi trovavo quella sera a Champoluc con una compagnia di amici - ricorda l’attuale Assessore regionale all’Istruzione - e festeggiammo con la gioia e la spensieratezza dei vent’anni in quell’estate torrida. Era un modo per archiviare in parte quegli anni Settanta cupi, chiamati “anni di piombo” con i misteri del terrorismo. La nostra colonna sonora era “Un’estate al mare” di Giuni Russo. Quella vittoria degli azzurri non era da noi festeggiata con una logica nazionalistica come oggi qualcuno farebbe con facilità, più che altro ha rappresentato lo stupore di un successo di una squadra che veniva data per morta, anche da grandi giornalisti come Gianni Brera.»

Altro preparato tecnico del calcio valdostano, ormai sulla breccia da decenni, è Gigi Danieli, che prima di ogni cosa è un grande appassionato e un attento valorizzatore dei giovani. «Per la mia generazione - sottolinea Gigi Danieli - sono stati dei Mondiali indimenticabili, senza eguali. Eravamo partiti svantaggiati perché la stampa italiana diede addosso agli azzurri fin da subito. La contestazione ruotava tutta intorno alla convocazione di Paolo Rossi, che arrivava dallo scandalo del calcio scommesse. Enzo Bearzot cercò di placare le polemiche e di proteggere i suoi giocatori dalla stampa, impedendo a tutti i giornalisti di mettere piede dentro il ritiro della nazionale. Quel che ricordo non fu soltanto un trionfo sportivo, ricordo un momento di grande e profonda condivisione che annullò nel nostro paese qualsiasi tipo di distanza: da quelle tra classi sociali, generazioni diverse, paesi con le città, nord e sud. L’Italia è sempre stato un paese diviso e spaccato in 2, però in quel momento, con la vittoria del Mondiale, ci fu un senso di appartenenza e di condivisione comune.» «Fu un’occasione fantastica, il calcio - conclude Gigi Danieli - riuscì a riappacificare un intero popolo e questo notevole entusiasmo diede la spinta anche per altre soddisfazioni, l’Italia riprese credibilità in giro per il mondo, perché la vittoria di un Mondiale riesce davvero a fare cose incredibili.»

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