Tra i primi dell’École d’agriculture, la passione per le reines e per la vita d’alpeggio: Pierre Béthaz
Dici Valgrisenche e per istinto pronunci Béthaz. Un cognome che chissà per quale coincidenza riporta alla nascita, nel 1951, dell’École pratique d’agriculture di Aosta, nel 1982 diventata Institut agricole régional. La coincidenza sta tutta nel ricordare che a Gressan vive uno dei primi studenti di quello che è l’attuale Institut, Pietro Giuseppe Béthaz (da tutti meglio conosciuto come Pierre), nel tempo diventato agricoltore e allevatore di bovine, appassionato più che mai della vita d’alpeggio e delle reines.
Il racconto della vita di Pierre Béthaz inizia proprio a Valgrisenche il 28 settembre 1936, nella casa di La Béthaz da mamma Mariangela Bois del 1909 (figlia di Panasie Frassy e Maurice Bois) e da papà Onorato, classe 1901, nato da Virginia Usel e da Bérnard. Pierre è il terzo di sette tra fratelli e sorelle; oltre a lui, tra il 1930 e il 1948 nascono Louis (nel dicembre 1981, all’età di quarantasette anni, è sindaco di Valgrisenche e muore sotto una valanga sulla strada regionale mentre era impegnato a liberarla dalla neve), Giuseppina, Lucia, Giovanna, Bérnard ed Ernesto, maestro di sci e guida alpina.
«La nostra era una famiglia contadina - racconta Pierre Béthaz - che viveva nella classica abitazione di un allevatore. La stalla e le mucche facevano parte della casa, come era in tutta la Valle d’Aosta del tempo, la dove l’agricoltura era la base del sostentamento familiare. Io e i miei fratelli siamo cresciuti d’estate, come tutti i bambini figli di allevatori, bevendo il latte appena munto che trasportavamo con i secchielli dalla stalla alla casera dove si lavorava la fontina.»
Pastorello nell’alpeggio di famiglia dell’Arp Vieille - situato sul versante destro della Valgrisenche, a circa due ore dal Rifugio Clea Scavarda, ora degli Angeli, già struttura militare poi dedicata all’alpinista morta nel 1936 a ventisette anni travolta da una slavina - Pierre Béthaz frequenta le scuole elementari a Valgrisenche, quindi come molti suoi paesani scende ad Aosta per le medie, la prima al Seminario minore in via dei Cappuccini, la seconda e la terza più lontano ancora, ad Ivrea nell’istituto salesiano «Cardinal Cagliero».
Nel frattempo ad Aosta, nella struttura dell’ex colonia elioterapica di Cossan, diventata di proprietà della nuova Regione Autonoma, viene deciso di aprire una scuola di agricoltura con i primi corsi a partire dall’autunno del 1951. Ecco quindi che il nostro Pierre Béthaz diventa uno dei ventisette della classe prima ed unica del primo anno dell’École pratique d’agriculture, affidata dalla Regione ai Canonici del Gran San Bernardo che la presero in gestione tramite la Casa Ospitaliera. «Scelsi di andare a studiare all’École, perché continuare gli studi in seminario e all’istituto salesiano non non mi piaceva. Ad Ivrea bisognava stare tutto l’anno, ma mio papà aveva bisogno anche di me in alpeggio. Così - ricorda Pierre Béthaz - ho scelto di tornare in Valle d’Aosta. Quella dell’agricoltura era la mia passione, mi ritrovavo nel mio ambiente. Nei mesi invernali si studiava in classe, mentre durante quelli estivi si faceva pratica ed io andai in alpeggio dove mi sentivo maggiormente a mio agio. Molti altri studenti del corso, però non fecero nessuna scelta e fu così che dopo due anni l’École chiuse il periodo della pratica estiva. Ricordo che gli insegnanti erano tutti sacerdoti, tranne l’ingegnere agricolo Felice Piccot che tutti chiamavano Felix, Con la scuola andammo a Châteauneuf, nel Vallese svizzero a visitare la loro scuola di agricoltura e con noi era anche Joseph Vaudan, allora ancora studente mandato a frequentare la nostra scuola dai canonici, perché lui faceva già parte della congregazione del Gran San Bernardo.»
Dunque, come rammenta anche Pierre Béthaz, compagno di classe del futuro direttore dell’École pratique d’agriculture, Joseph Vaudan originario di Bagnes, dove era nato nel 1925, arrivò ad Aosta come novizio del Gran San Bernardo, per poi proseguire i studi con la laurea in scienze agrarie all’Università del Sacro Cuore di Piacenza e successivamente infondere un nuovo e decisivo impulso al viticoltura valdostana. L’impulso che ha portato i vini della Valle d’Aosta ai livelli di eccellenza che conosciamo oggi. Joseph Vaudan fu direttore ad Aosta dal 1959 al 1986 ed a lui l’Institut agricole régional ha intitolato la nuova cantina sperimentale, entrata in funzione nel 2005, creata nella sua originaria versione nel 1969 a scopo didattico, per incoraggiare i nostri viticoltori di allora a produrre dei vini di qualità, tipici e genuini, in concomitanza con le prime esposizioni regionali dedicate appunto al vino.
L’età non tradisce la memoria di Pierre Béthaz, allegro e sorridente mentre ripercorre le tappe del periodo di scuola tra il 1951 e il 1953, quando per l’appunto l’École pratique d’agriculture aveva un programma scolastico di due anni. «Eravamo 27 studenti, tutti maschi e tutti figli di agricoltori. Il più vecchio di noi era del 1932, Ambrogio Dunoyer. Poi Mario Duclos di Valpelline, il più allegro, Sergio Mathiou di Brissogne, molto simpatico e sempre in vena di scherzare, di lui l’insegnante Felice “Félix” Piccot durante le lezioni di arboricoltura diceva sempre “mi raccomando non potate alla Mathiou” perché sembrava usasse la motosega tanto era deciso nel tagliare i rami, anche se noi la motosega non sapevamo neppure cosa fosse. Altri miei compagni erano Abele Seris di Saint-Vincent, Giovanni Jacquin di Bosses e Armando Grange di Pré-Saint-Didier. Quindi Silvio Curtaz di Gressan, noto come “Silvio La Cort”, forte fisicamente e che ogni volta che si faceva la lotta tra noi vinceva sempre, e Philippe Money di Nus, grande appassionato di calcio e una vera molla per l’agilità. Di quei due anni mi è rimasto nel cuore un periodo molto bello che mi ha permesso di avvicinarmi con più attenzione al mondo dell’agricoltura. Studiavamo, pranzavamo, cenevamo e dormivamo sempre lì. A casa si andava solo per due giorni a Pasqua, mentre per le festività natalizie si restava all’interno della scuola.»
«Ricordo ancora - rammenta Pierre Béthaz - i nomi dei nostri docenti nelle materie pratiche, alcuni dei quali erano già insegnanti alla scuola di agricoltura di Châteauneuf: ad esempio Francesco Mathiou di Brissogne, classe 1924, poi a lungo direttore della Cooperativa Produttori Latte e Fontina, Gualtiero Gaido di Donnas che fu tra i primi viticoltori della Valle d’Aosta ad imbottigliare e a vendere direttamente il suo vino Donnaz, quindi Luigi Praz di Gaby e René David di Introd. Loro insegnavano la pratica in materie quali la zootecnia, la frutticoltura e la viticoltura, mentre con gli insegnanti preti studiavamo in classe la parte teorica. L’École è stata una scuola di vita importante per me. Ma stare lontano da casa, però, mi ha allontanato dalle amicizie d’infanzia. Se fossi rimasto a Valgrisenche avrei vissuto lassù la mia gioventù, almeno durante l’estate. Però d’estate andavo con i miei fratelli ad aiutare nostro papà Onorato in alpeggio. La compagnia degli amici l’ho avuta dunque tra Sarre e Gressan. E a Gressan, paese di mia moglie, vivo tutt’ora da oltre cinquant’anni».
«Lui - aggiunge la moglie Rosella Frachey - mi salutava sempre con un semplice ciao! E io lo guardavo e pensavo tra me e me ”che bel giovanotto!”. Quella volta alla Foire de Saint Ours io camminavo divertita per l’occasione insieme alle mie amiche Rita Savoye, Giuseppina Usel e a Maria Luisa Stacchetti, mia cugina. Lui si avvicinò e mi propose di andare a bere un caffè e da quel momento tutto ebbe inizio tra noi.»
Sposato con Rosella Frachey, nata a Gressan il 10 marzo 1947, Pierre Béthaz, lascia che la moglie ricordi quel giorno di tanti anni fa, quando galeotta fu la Foire. «Ci conoscevamo già - spiega Rosella Frachey - perché da ragazzi quando andavamo a Messa a Gressan, ci si incontrava proprio dove è ancora oggi il Bar Pezzoli. Ma fu il giorno della Fiera, il 31 gennaio 1965, che iniziò la nostra storia. Ci vedemmo lungo le vie del centro di Aosta tra centinaia di persone, con noi erano anche gli amici Domenico Usel e Daniele Chamonin, originari di Valgrisenche.»
«Abbiamo fatto gruppo - riprende a raccontare Pierre Béthaz - e così tutti insieme siamo andati al Bar Villettaz. Poi ridendo e scherzando ho detto a Rosella “Comprati un cucchiaio e una forchetta di legno, perché presto dovrai cucinare!”. Lì per lì, Rosella non capì la mia battuta, ma ci volle poco. In poche parole le feci capire che mi piaceva e tra noi scoppiò la scintilla nello stesso momento in cui Rosella acquistò per davvero cucchiaio e forchetta. Ci salutammo per tornare ognuno a casa propria, ma io avevo l’Ape e quando passai davanti a Rosella, che nel frattempo aspettava l’autobus, insieme alle sue amiche e a sua cugina, le proposi in maniera insistente di darle un passaggio. Rosella accettò. Le chiesi poi di rivederci e alla fine ci fidanzammo. Per poterci sposare dovette intervenire il parroco del paese, don Pierre Darensod. Rosella era giovane, aveva appena diciannove anni e a quell’epoca si diventava maggiorenni all’età di ventuno. Quindi, il papà di Rosella, Faustino Frachey, dovette andare in parrocchia a firmare il consenso al matrimonio. Ci sposammo il 12 marzo del 1966 con Rosella che aveva festeggiato da due giorni i diciannove anni. E quando abbiamo festeggiato le nozze d’oro i miei fratelli e le mie sorelle, con nostra grande sorpresa hanno organizzato, e pagato, un viaggio. Ma mica solo noi. Perché in effetti lo hanno organizzato per noi ed anche per tutti loro. È stato bellissimo, tutti insieme, a settembre del 2016 siamo stati nelle zone dove avevo fatto il militare.»
Pierre e Rosella spaziano divertiti con le parole nei meandri dei loro ricordi. Lui racconta e lei qualche volta lo corregge. Tant’è che è lei, Rosella, che gli rammenta di parlare di dove era stato nel servizio di leva. Anno 1958. Pierre è alpino a Bra per il Car. Poi finisce alla Caserma Montegrappa di Torino dove frequenta il corso di radiofonista. Il ritorno in Valle d’Aosta lo porta alla Compagnia Comando della Caserma Cesare Battisti, qualche giorno in Val Veny e poi a Roma - correva il 2 giugno 1959 - per la sfilata della Festa della Repubblica. Dopo altri momenti vissuti in divisa tra Aosta e Bionaz, fino ad essere mandato a Pinerolo nella squadra atleti, tanto da arrivare secondo in una gara di corsa campestre a Milano. Comunque non finisce qui la storia del militare di Valgrisenche, perché «Vado in congedo nel mese di dicembre 1959 ma nel 1960 vengo richiamato alla Montegrappa durante il periodo in cui in Alto Adige facevano saltare in aria i tralicci. A noi giovani alpini toccava stare di guardia, visto che avevano mobilitato l’Esercito per il controllo degli obiettivi sensibili, come le linee elettriche, le ferrovie e i ponti.»
La storia familiare dei coniugi Béthaz riprende dalla nascita del primogenito Ivo, nel 1966, che di mestiere, oltre a essere un allevatore, si occupa di esaminare e marchiare le fontine per conto del Consorzio per la tutela della Fontina. Nel 1967 la famiglia si allarga con l’arrivo di Mirko e nel 1969 con il terzo figlio, Sergio, oggi entrambi operai forestali stagionali e lavoratori invernali per la Pila SpA, oltre che appassionati collaboratori nell’azienda agricola di famiglia. La piccola di casa Béthaz, Lorena, sarà poi la gioia della coppia Rosella-Pierre nel 1978.
Nel sangue di Pierre Béthaz e sua moglie Rosella, scorre il sangue della montagna, della passione per l’allevamento, per la passione delle reines. Oggi che i due di anni ne hanno ottantacinque e settancinque, però qualcosa è cambiato. «Non siamo più tanto giovani. - dicono sorridendo marito e moglie contemporaneamente, guardandosi negli occhi, come se avessero già preparato la risposta a una possibile domanda - La voglia di andare in montagna e in alpeggio c’è sempre. Ma la forza fisica non è più quella di una volta. Abbiamo la fortuna che i nostri figli hanno continuato la nostra attività. E questo è per noi un grande traguardo. Siamo figli di allevatori e montagnards e loro lo sono a loro volta. Chissà poi che un giorno non succeda anche con i nipoti.»
«Io però - aggiunge subito Pierre Béthaz - ho anche lavorato alla Cogne da quando avevo ventidue anni, appena finito il servizio militare, fino all’età della pensione, a cinquanta compiuti, nel 1986. Entrai in fabbrica grazie ai miei cugini che già li erano, Alberto e Carlo Béthaz. Ero operaio collaudatore. Una volta terminato il lavoro alla Cogne mi sono dedicato completamente alla campagna e all’alpeggio Arp Vieille. Nel 1977, invece, avevamo costruito la stalla, mentre la casa dove viviamo qui a Clair a Gressan è stata realizzata l’anno dopo, nel 1978. Per tornare al nostro alpeggio in Valgrisenche, mi piace ricordare che è proprio lì, da noi, che arrivò la prima mungitrice elettrica della Valle d’Aosta. Certa che non era paragonabile a quelle odierne supermoderne. Avevamo una piccolissima centralina elettrica con una turbina di ridotte dimensioni. Tutto di vecchio stampo, ma funzionava, eccome se funzionava!»
Le reines sono sempre state parte della vita di Pierre Béthaz. Ma più che parlare del mondo vero e proprio delle reines e di tutto ciò che lo circonda, l’allevatore di Gressan chiede di poter raccontare del suo amore per Trionfa, la regina che gli ha preso il cuore e che, con il quadretto della foto sotto vetro tra le mani, sembra di volerle fare una carezza. Come se lei fosse ancora lì, a pochi passi dalla casa, nella sua stalla. «Avevamo comprato Trionfa da Paul Limonet di Quart nella sua stalla a Senin di Saint-Christophe. Era il 1982 e lei era la nostra prima regina. Sono talmente tanti i ricordi che ancora mi legano, anzi ci legano a lei perché devo dire che Trionfa entrò a fare parte della famiglia, comunque il più bello dei ricordi è quello legato alla sua vittoria del 1983, quando portò a casa il titolo di reina in terza categoria nell’eliminatoria di Gressan-Jovençan. Quella fu la prima volta che io abbracciai una mucca come se stessi abbracciando una persona. Sentivo che aveva speso tante energie fisiche. Non avevo grandi aspettative per la finalissima però, ricordo molto bene anche adesso, come quella vittoria e quell’abbraccio mi sembrassero la cosa più bella per un allevatore.»