A Champoluc interessante convegno dedicato ai mulini

A Champoluc interessante convegno dedicato ai mulini
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In occasione della Giornata Europea degli Amici dei Mulini - promossa dal Comune di Ayas, dall’Associazione italiana Amici dei mulini storici e dal Sistema bibliotecario valdostano - si è tenuto sabato scorso, 21 maggio, un convegno nella sala dei Vigili del Fuoco di Champoluc: hanno parlato, tra gli altri, il restauratore Piermauro Reboulaz sul tema “Anche per i mulini va bene un restauro”, l’archeologo Mauro Cortelazzo su “I mulini per la lavorazione della pietra ollare” e l’insegnante Jean Voulaz su “Les moulins de la Vallée de Challand”.

Piermauro Reboulaz ha proiettato alcune schede - passando in rassegna vari mulini, tra cui Verrayes, Soussun a Ayas, Torgnon, Saint Barthelemy a Nus e Arvier - e evidenziando alcune caratteristiche comuni: per esempio il fatto di essere case isolate, spesso non vicine ai villaggi o addirittura nei boschi, e la costante di avere all’interno resti di macchinari, macine, madie e contenitori per la farina.

Jean Voulaz ha ricordato i mulini di Challand-Saint-Anselme e Saint-Victor, che usavano tutti la forza dell’acqua, non degli animali o del vento: da quello di Isollaz al suo gemello di Ruvere (entrambi ristrutturati e utilizzati fino a dopo la guerra, anche se l’acqua era poca), a quelli di Arcesaz e di Corliod proprio sulla strada regionale. «Il mugnaio era una figura chiave per la comunità, che spesso sapeva fare anche il fabbro. I mulini erano sempre ben raggiungibili da un’ampia mulattiera» ha concluso Jean Voulaz.

Mauro Cortelazzo, infine, ha approfondito il tema dei mulini usati per tornire la pietra ollare, che erano edifici di piccole dimensioni che sfruttavano l’acqua e avevano ruote non tanto grandi. «I vasi venivano realizzati anche a quote elevate, fino a 2.500 metri: per esempio, si trovano avanzi di torniture all’Alpe Mase in Val d’Ayas a 2400 metri, poiché nelle stagioni degli alpeggi si producevano anche manufatti in pietra ollare, che poi venivano esportati in tutto il Nord Italia. - ha spiegato - La frequenza di rottura durante la tornitura era molto elevata, per questo è facile rinvenire scarti. Sicuramente la produzione è anteriore all’XI secolo e forse risale già al periodo tra il IV e il VII-VIII secolo».

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