I cerimonialisti valdostani alla visita di studio a Verdun

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Era presente anche una rappresentanza valdostana dell’Associazione nazionale Cerimonialisti Enti pubblici alla visita di studio a Verdun organizzata venerdì e sabato scorsi, 1 e 2 aprile, dal Réseau du Protocole, associazione che riunisce i responsabili del cerimoniale nel settore pubblico e privato.

Il primo giorno é stato dedicato alla visita del Centre mondial de la Paix e all’esposizione «Les trésors de la diplomatie».

Il dono spesso rivela il carattere di chi lo offre, i rapporti di amicizia fra due Stati, l’ostentazione dell’opulenza e della forza, o, ancora, può far riferimento a momenti storici importanti. Da qui la necessità di classificarlo fatta propria dal presidente François Mitterand che ha voluto repertoriare i doni come beni pubblici, appartenenti alla collettività.

Tra questi la chiave incastonata in un tavolino, a suggellare l’amicizia tra la Francia e gli Stati Uniti, che custodiscono analogo oggetto all’interno della Statua della Libertà.

Ha fatto quindi seguito l’incontro con il sindaco Samuel Hazard, durante il quale sono state mostrate le numerose decorazioni ottenute dalla città (la più decorata di Francia) e la firma del Libro d’Onore da parte dei presidenti François Hollande e Angela Merkel, nel 2016.

Nel secondo giorno i partecipanti hanno visitato i campi di battaglia di Verdun e dintorni, il Museo Memoriale e l’Ossario di Douaumont dove, nel 1984, davanti alle tombe dei soldati caduti francesi e tedeschi, François Mitterand prese la mano di Helmut Kohl, lanciando al mondo un messaggio di pace. Il cerimoniale non aveva previsto questo momento di commozione, eppure, dopo la visita all’interno dell’Ossario - dove si trovano i resti di 130.000 soldati francesi e tedeschi, tutti di età compresa fra i 20-30 anni - Mitterand non ebbe esitazioni nel tendere la mano al collega Kohl.

Nove villaggi completamente distrutti, Verdun, oggi luogo simbolo di uno degli scontri più duri della Prima Guerra mondiale, fu rasa al suolo per l’80 per cento, 300.000 furono i morti in trecento giorni di battaglia e 400.000 feriti.

La visita è stata anche momento di commozione e riflessione sulla necessità della commemorazione e di mantenere vivo il ricordo di tutti quelli che si sono battuti per il loro Paese e motivo per i partecipanti per lanciare un grido di pace in uno periodo in cui il passato sembra non abbia lasciato traccia.

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