A Chamois l’allarme degli ambientalisti “Il Lago di Lod deve rimanere così com’è”

A Chamois l’allarme degli ambientalisti “Il Lago di Lod deve rimanere così com’è”
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Si è tenuto sabato scorso, 12 marzo, nella sala polivalente del Comune di Chamois, l’incontro pubblico avente per tema “Centrali elettriche e lago di Lod”, organizzato dal Comitato per la salvaguardia del lago di Lod e dell’Ambiente di Chamois. Nel corso di 3 ore si sono succeduti gli interventi e le relazioni sia di abitanti che di ingegneri, professori universitari, esponenti di associazioni ambientaliste, biologi e agronomi, anche in collegamento video online. L’obiettivo era quello di valutare, dando voce a tutti gli interessati, i possibili effetti che il progetto di realizzazione di 2 centraline idroelettriche comporterebbero sul lago di Lod - in particolare per il fatto che il bacino verrebbe utilizzato come “vasca di accumulo” - e sull’ambiente circostante.

«Il lago deve rimanere così com’è, onde evitare i rischi e le criticità che un pompaggio 2 volte al giorno anche di 22mila metri cubi d’acqua comporterebbe sull’equilibrio e sull’ecosistema di un lago del volume complessivo di 30mila metri cubi. - ha spiegato l’ingegnere Vittorio Vicentini, presidente del comitato che ha riunito residenti, turisti e frequentatori di quello che è considerato l’unico Comune italiano sulla terraferma non raggiungibile in auto, e che ha raccolto 1.500 firme nella petizione “Salviamo il lago di Lod” - Vigileremo costantemente e agiremo con tutti gli strumenti che la legge ci mette a disposizione per evitare che il lago di Lod venga trasformato in una vasca di accumulo di centraline idroelettriche».

Il comitato ha inoltre sottolineato le lacune e le criticità di un progetto del 2005 con Valutazione di Impatto Ambientale presentate del 2007 più volte prorogata. Un progetto che, «con le leggi in vigore oggi, non verrebbe approvato e che rischia di alterare pesantemente l’equilibrio ambientale non solo del lago, ma anche di ampie zone circostanti e con effetti problematici sulla pastorizia e su altri comuni confinanti».

Durante l’incontro sono state presentate le relazioni di Attilio Ducly, ex sindaco e memoria storica di Chamois - il quale ha ricordato e ripercorso i flussi dell’acqua, i torrenti, i laghetti che costellavano il territorio e ha manifestato la sua preoccupazione per un progetto che andrebbe ad intaccare il lago - e di Rosetta Bertolin, del direttivo di Legambiente Valle d’Aosta, che ha evidenziato come non esistano studi su come diventerebbe il lago qualora venisse utilizzato come vasca di carico delle centraline, in quanto l’ormai datato provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale non aveva previsto l’opzione che esso potesse essere usato a servizio di tale impianto. Vi sono stati illustrati anche i contributi di Chiara Minelli, consigliera regionale Valle d’Aosta - che ha dettagliato la sua interrogazione in Consiglio Valle sul progetto delle centrali idroelettriche a Chamois, specificando che si è trattato di un iter confuso con una Valutazione di Impatto Ambientale più volte prorogata anche in seguito all’emergenza Covid -, di Vanda Bonardo, presidente della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi Italia, di Gilberto Forneris, ittiologo e co-autore del “Disegno della carta ittica della Valle d’Aosta”, e di Luca Maria Battaglini, professore al Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino. Ronni Bessi, scrittore dell’unico per ora libro che abbia ripercorso la complessa storia delle zone umide nella nostra regione, “Eaux Dormantes”, rifacendosi alla recente notizia dello studio da parte dell’Amministrazione regionale per la realizzazione, visto il rischio desertificazione e la siccità ormai percepibile da tutti, di realizzazione di invasi di medie e piccole dimensioni per lo stoccaggio di acque ad uso irriguo, ha proposto di ampliare tale opportunità, in alternativa all’utilizzo di quelle di un lago naturale come quello di Lod, prevedendo anche bacini ad uso di centraline idroelettriche in ambiti che non siano fragili o preziosi per la loro biodiversità oppure ancora “luoghi della memoria”.

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