Per spaccio di cocaina tre condanne, un patteggiamento e un’assoluzione
La sentenza del processo di primo grado relativo all’operazione antidroga “Illyricum”, riguardante un traffico di cocaina gestito prevalentemente da albanesi, è stata emessa mercoledì 16 marzo dal Tribunale di Aosta. Sono stati condannati 3 imputati, 1 ha patteggiato, un altro è stato assolto e l’ultimo ha chiesto la “messa alla prova”.
Il blitz della Squadra Mobile era scattato tra sabato 2 e domenica 3 ottobre dello scorso anno. Sono perciò statati inflitti 4 anni e 4 mesi di reclusione a Elton Beleshi, 40 anni, e a suo cognato Leonard Vishaj, 34 anni. Secondo la ricostruzione degli inquirenti sarebbero stati loro a portare in Valle d’Aosta lo stupefacente oppure a farlo arrivare tramite altri fornitori da fuori regione. In base alle conclusioni a cui era giunta l’inchiesta, inoltre, spacciatori al dettaglio sarebbero stati Angjelin Lleshi, 31 anni, condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione - per il quale le accuse sono state riqualificate in episodi di “lieve entità” -, e Luis Egro, 37 anni, che ha patteggiato 1 anno e 1.400 euro di multa.
L’unico italiano coinvolto nella vicenda giudiziaria è Diego Gustavo Corchia, 42 anni, che ha chiesto l’estinzione alternativa del reato, sottoponendosi a un programma di lavori di utilità. Per quest’ultimo, perciò, il giudice ha rinviato l’udienza a mercoledì 18 maggio. Sono invece cadute le ipotesi di reato nei confronti di Amarildo Perloshi, 35 anni, che perciò è stato assolto con la formula più ampia, ovvero «Perché il fatto non sussiste». L’accusa, rappresentata dal pm Manlio D’Ambrosi, aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati, con pene variabili da 1 a 5 anni.
L’inchiesta era stata condotta soprattutto con appostamenti e intercettazioni ambientali. Nel tentativo di depistare gli investigatori che li stavano intercettando, gli indagati chiamavano la cocaina con i nomi delle piante, o dei panini del fast food. Le indagini, nelle quali erano stati sequestrati circa 200 grammi di sostanza - ma 110 erano in “pietre”, che una volta “tagliate” a dovere, secondo gli inquirenti, avrebbero potuto fruttare dosi per mezzo chilogrammo di sostanza, per un introito stimato tra i 12 e i 15mila euro -, avevano avuto inizio nel novembre 2020.