“Vulcano”, la luce diventa opera d’arte con Marina Torchio e Daria Cini

“Vulcano”, la luce diventa opera d’arte con Marina Torchio e Daria Cini
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La terra incontra la luce e nasce il Vulcano. Sembra l’inizio di un racconto mitologico, ma è quanto accaduto alla collezione artistica nata dalla collaborazione tra Marina Torchio, che da sempre crea forme a partire da grès e terre, e Daria Cini, che dopo 35 anni di professione come architetto realizza lampade in ferro cotto.

Vulcano è l’idea che unisce una base di terra e un’esplosione di forme che racchiudono la luce: la mostra “VULCANO. Not just a lump, but a self-illuminating sculpture” sarà esposta nella galleria Seghesio-Grivon inARTtendu di via Martinet ad Aosta. Venerdì 4 e sabato 5 marzo, dalle 17 alle 20, le 2 artiste saranno presenti per dialogare con il pubblico, le opere si potranno visitare ancora lunedì 7 a venerdì 11, dalle 10 alle 18.30.

Non solo lampada

Di fatto, ogni Vulcano - ce ne sono per ora 12 - è una creazione a sé: una base di terra, come un cratere, un “fungo” di fili di ferro intrecciati”, pendenti di corallo, pietre e terra con foglia d’oro che sembrano attirare la luce che proviene dall’interno. «Ci siamo incontrate circa un anno e mezzo fa. - racconta Daria Cini - Realizzavo già lampade con il filo di ferro cotto, grezzo lavorabile a mano, che quando si ossida cambia colore. Con Marina abbiamo unito la parte luminosa e la terra, in una scultura che illumina se stessa: da qui l'idea del vulcano, come una bocca aperta, di terra, in cui la luce scaturisce dall’interno». Non può quindi essere una lampada, tecnicamente, ma una scultura, perché illumina se stessa. «Realizzando la base portante - aggiunge Marina Torchio - mi preoccupavo di come Daria avrebbe potuto agganciare i fili di ferro, dato che i buchi non sono in asse. Abbiamo avuto bisogno di tante prove, poi abbiamo trovato il modo di lavorare in due sullo stesso oggetto. Si è creata confidenza tra due modi di lavorare e due materiali». Le dimensioni delle sculture luminose variano, da 60 centimetri a un metro, e richiederanno una collocazione adatta, anche se non sarà un problema l’illuminazione, eterno dilemme per le opere d’arte, perché hanno la propria luce all’interno. «Non è la prima volta che collaboro con qualcuno - conclude Marina Torchio - ma è la prima volta che creo una scultura a 4 mani. Mi piacciono le collaborazioni. mi piace il lato umano di questa esperienza».

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