La Valle d’Aosta ha il suo Presidio Slow Food: la Patata Verrayes Una tavola rotonda a Avise: “La biodiversità salverà il pianeta”

La Valle d’Aosta ha il suo Presidio Slow Food: la Patata Verrayes Una tavola rotonda a Avise: “La biodiversità salverà il pianeta”
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Il più umile degli ortaggi può diventare vettore di cultura e di una visione più equa e sostenibile dell’agricoltura. E’ l’ambiziosa missione a cui è chiamata la Patata Verrayes, primo Presidio Slow Food della Valle d’Aosta al quale è stata dedicata sabato scorso, 12 febbraio, una conferenza con successiva cena preparata dalla cuoca Denise Marcoz al Ristorante Le Boniface d’Avise, nel castello di Avise. «In passato era stato avviato un Presidio Slow Food dedicato alla Toma di Gressoney ma poi è stato lasciato decadere. - ha ricordato il referente di Slow Food per la Valle d’Aosta Yves Grange - Vi sono poi gli apicoltori valdostani Daniele Corradi e Mattia Fragiacomo che aderiscono al Presidio dei Mieli delle Alpi. Ora finalmente è nato il Presidio della Patata Verrayes e questo incontro rappresenta per noi un momento molto emozionante».

La Patata Verrayes è una varietà tradizionale della nostra regione che rischiava di andare perduta e che è stata riscoperta e valorizzata negli ultimi anni grazie al lavoro di un gruppo di appassionati agricoltori che hanno l’obiettivo di ritrovare nella terra le radici della cultura gastronomica alpina più autentica: l’azienda Paysage à Manger di Gressoney-Saint- Jean, l’azienda Ambiente Grumei di Verrayes e la famiglia Favre di Nus con i fratelli Carlo e Sergio e il nipote Edy Favre. Il percorso non è stato facile ed è culminato alla fine del 2020 quando Slow Food ha inserito la Patata Verrayes e altri Presidi nel bando “Slow Food in azione”.

«Nel 1998 il tecnico dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura Giuliano Martignene fu il primo a ritrovare questa varietà nel villaggio di Covarey, a Champdepraz, da Angelo Berger, che a sua volta l’aveva presa a Champorcher. - ha raccontato Federico Chierico, titolare insieme a Federico Rial dell’ azienda Paysage à Manger e membro del direttivo Slow Food di Piemonte e Valle d’Aosta - Per salvaguardarla, Giuliano Martignene mandò qualche tubero alla fondazione ProSpecieRara, in Svizzera, che si occupa della diversità socioculturale e genetica dei vegetali e degli animali. Giuliano Martignene - originario di Arnad ma residente a Verrayes - scrisse sul pacco il suo Comune di residenza, che venne utilizzato come nome della patata dai tecnici di ProSpecieRara. In questi 25 anni ProSpecieRara ha sanificato e restituito questa varietà. Si tratta, però, di un patrimonio che continua ad appartenerci solo se lo mettiamo nei campi e nei piatti». Nel disciplinare collegato al Presidio si stabilisce che essa deve essere coltivata senza trattamenti fitosanitari di sintesi, diserbanti né concimi chimici e che i terreni si devono trovare sopra i 1.000 metri di altezza.

«La nascita del Presidio è un sogno che si avvera ma è soprattutto l’inizio di un percorso. - ha proseguito Federico Chierico - Noi produttori di Patata Verrayes non arriviamo attualmente a 10 quintali all’anno, una quantità minima. Vogliamo che il progetto sia condiviso il più possibile, che coinvolga altri agricoltori, naturalmente nel rispetto del disciplinare. Servono la scienza, la politica e un territorio che si riconosca in questa biodiversità».

«Slow Food fa della tutela della biodiversità uno dei pilastri della sua azione associativa. - ha ricordato la vicepresidente di Slow Food Italia Roberta Billitteri - Il principio della condivisione, della riproduzione e della valorizzazione di ciò che è legato al territorio è fondamentale. Affrontare i cambiamenti climatici non è cosa da poco ed è la biodiversità che salverà il pianeta. Bisogna però ricordarsi che si tratta di un impegno collettivo: da piccoli e da soli non si va da nessuna parte».

«Nel mondo esistono oltre 7.000 varietà di patate classificate, di cui 7 sono Presidi Slow Food su un totale di 622 Presidi. - ha detto il responsabile dei Presidi Slow Food per il Piemonte e la Valle d’Aosta Roberto Sambo - E’ importante evitare la fagocitazione da parte delle multinazionali che vogliono l’abbattimento della biodiversità. Fare parte di un presidio non è una medaglia che diamo al produttore: quest’ultimo diventa in questo modo un testimone di una filosofia».

«La biodiversità è la base della nostra agricoltura. - ha sottolineato Mauro Bassignana dell’Institut Agricole Régional - In Valle d’Aosta esistono 55mila ettari di terreno coltivabile, di cui 54mila sono prati e pascoli. Nei 1.000 ettari che rimangono si concentrano tutte le altre attività. Un esempio è la nostra viticoltura, dove i vitigni autoctoni sono estremamente numerosi in rapporto alla superficie coltivata. La difficoltà con le patate è data dal fatto che, a differenza dei cereali, non hanno semi che puoi conservare in soffitta e riscoprirli magari dopo tantissimo tempo: se non si seminano ogni anno, le varietà le perdi. Il lavoro di osservazione e studio sulla Patata Verrayes durerà un paio di anni. Si potrebbe anche arrivare all’analisi genetica ma si tratta di un procedimento molto oneroso e perciò lungo».

«Il nostro lavoro è empirico: per questo abbiamo bisogno del sostegno della scienza e della politica, oltre che, naturalmente, della comunità» ha sintetizzato Federico Chierico. E anche la politica era presente all’incontro di sabato: l’assessore regionale all’Agricoltura Davide Sapinet ha assicurato il suo sostegno all’iniziativa e detto che «bisogna prendere esempio da questi coltivatori appassionati». «Dietro ogni pianta c’è cultura, c’è competenza. - ha rimarcato Patrizio Mazzucchelli di Raetia Biodiversità Alpine della Valtellina - Perdere una varietà significa smarrire una parte della cultura alpina. Per questo servono le reti tra gli agricoltori. Non dobbiamo solo fare sistema, dobbiamo fare comunità». «Coltivo la Verrayes dal 2008 e trovo che sia una delle patate più belle dal punto di vista estetico per i suoi colori» ha dichiarato Fabrizio Bottari del Consorzio della Quarantina Genovese, che poi ha lanciato una bella provocazione: «La politica la smetta di fare riferimento ai nostri territori con espressioni quali “aree marginali”, “indennità compensative”, “zone svantaggiate”: la biodiversità è nata sulle montagne, altro che aree marginali! E si cambino le misure di sostegno “spot”, staccate una dall’altra, che aprono e chiudono in continuazione. Il Psr deve accompagnare le aziende agricole nel loro percorso».

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