Peste suina, ancora nessun caso in Valle d’Aosta: “L’attenzione è stata alzata ai massimi livelli”

Peste suina, ancora nessun caso in Valle d’Aosta: “L’attenzione è stata alzata ai massimi livelli”
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Mercoledì prossimo, 26 gennaio, con l’ultima giornata di braccata al cinghiale come da calendario venatorio approvato dalla Giunta regionale nel mese di giugno scorso, si chiude in Valle d’Aosta la stagione di caccia 2021-2022 iniziata il 12 settembre. Al di là di come siano andati i prelievi di ungulati (camosci, caprioli, cervi, cinghiali), lagomorfi (lepre europea) e avifauna, il termine della caccia al cinghiale offre lo spunto per parlare di peste suina di cui - è meglio subito chiarire - nella nostra regione ad oggi non è presente alcun caso. Ciò non toglie che, dopo il primo episodio di questa malattia - che colpisce cinghiali e maiali ma non è trasmissibile agli esseri umani - individuato nei mesi scorsi nel territorio di Ovada, in Piemonte, e i successivi altri casi rilevati ancora in Piemonte e in Liguria, i timori che la diffusione possa arrivare anche in Valle d’Aosta mettano in allerta gli organi preposti all’attività di monitoraggio e di sorveglianza continua: gli Assessorati dell’Agricoltura e Risorse naturale e della Sanità.

A questo proposito si è appena espressa anche Coldiretti che, attraverso le parole di Alessio Nicoletta ed Elio Gasco, rispettivamente presidente e direttore, rimarca l’importanza dell’attività dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta «per evitare che questa malattia, letale per i suini, si espanda in altre aree con conseguenze e contraccolpi economici importanti per chi alleva o lavora la carne di suino».

«Se è vero che la peste suina africana non può trasmettersi all’uomo, - dicono Alessio NIcoletta e Elio Gasco - le ripercussioni di limitazioni, come quelle introdotte in Piemonte e Liguria sarebbero decisamente pesanti in una regione turistica come la nostra!». Si parla infatti del divieto di raccolta di funghi, di pesca e di caccia, di fare trekking, mountain biking e altre attività che comportino un rischio per la diffusione della malattia.

A spiegare come si sta muovendo in questo campo la Regione è Mauro Ruffier, responsabile della struttura Igiene e sanità pubblica e veterinaria dell’Assessorato della Sanità.

«Da quando il problema è emerso alcuni anni fa nell’Europa dell’Est e il Ministero ha alzato la soglia di attenzione, - dice Mauro Ruffier - su questa malattia esiste in tutta Italia un piano di sorveglianza e di controllo. Il Piano è, quindi, in vigore da molto tempo anche da noi e prevede una sorveglianza sui suini domestici e sui selvatici e nello specifico prevede il prelievo di tutti i capi morti che devono transitare verso l’Istituto zooprofilattico dove si fa la ricerca del virus. L’attenzione è aumentata a livello nazionale e qui, in Valle d’Aosta, abbiamo svolto attività di informazione verso gli interessati con incontri specifici con il Comitato caccia, la Struttura Flora, fauna, caccia e pesca, con i servizi veterinari e con le forze dell’ordine. Questa era già la situazione prima della scoperta del virus in Piemonte. Qui però al momento non è cambiato nulla: continua l’attività di sorveglianza; il Ministero ha emanato tutta una serie di circolari e ordinanze chiedendo alle Regioni di rafforzare l’attività di sorveglianza sia sui selvatici sia sugli allevamenti domestici». «Al momento non è emerso nulla, non abbiamo riscontrato nessun caso in Valle d’Aosta di peste suina, ma siamo sempre vigili. - conclude Mauro Ruffier - Qualora succedesse vi è una ordinanza emanata dal Ministero che individua la zona di focolaio e quella di protezione, all’interno delle quali sono vietate la movimentazione, la caccia salvo deroghe e sono previsti controlli continui sugli allevamenti presenti nel raggio dato dal focolaio».

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