Il cambiamento climatico nel racconto della salita al Dhaulagiri «Ho visto piovere al campo base, a cinquemila metri di quota»

Nella serata di venerdì scorso, 7 gennaio, l’Auditorium MonterosaSpa di Champoluc ha ospitato la serata «Himalayas», durante la quale gli alpinisti Marco Camandona, guida alpina di Valgrisenche e Pietro Picco, guida di Courmayeur, hanno presentato e commentato il film «Dhaulagiri 2021 (The 7th Summit)», della durata di 40 minuti, sulla loro spedizione al Daulaghiri, la settima montagna del pianeta per altitudine, l’unica tutta in Nepal. Avendo la passione per la fotografia e le riprese video, Marco Camandona realizza sempre un film o un racconto sulle sue spedizioni, che presenta poi in serate, i cui introiti vanno in beneficenza alla Onlus Sanonani, associazione fondata nel 2015 per aiutare i bambini nepalesi. Sono tutte immagini e riprese girate, nel freddo e tra tante difficoltà della salita, dai 2 alpinisti durante l’impresa, con il semplice ausilio dei telefonini. Montaggio e post-produzione sono stati curati da Giovanna Ferrara.

Sanonani - che in nepalese significa «piccolo bambino» - è un orfanotrofio che, nella periferia di Katmandu, offre a 25 bambini un’istruzione, un’alimentazione adeguata e assistenza sanitaria, attività sportivo-ricreative e supporto psicologico. «Il Nepal è un Paese del Terzo mondo, nonostante sia un’affascinante meta turistica» spiega Marco Camandona. «E’ bello restituire almeno in parte quello che ci ha dato in termini di calore e di esperienze emozionanti».

Per Marco Camandona il Dhaulagiri (8.167 metri) è stato il decimo 8mila, tutti saliti senza ossigeno supplementare, e l’ultimo in Nepal (i prossimi saranno in Pakistan). Per il suo compagno di cordata, Pietro Picco, che ha nel suo palmarès spedizioni in Cina e Patagonia, è stato invece il primo 8mila. « «Coltivavo il sogno di provare a conquistare una vetta in Himalaya. Mi attraeva questa montagna poco conosciuta e spesso scartata perché occorrono 2 settimane solo per raggiungerla a piedi. E’ una delle poche che non si vede da sotto, finché non sei al campo base. Al di là della quota, deve attirare la montagna: la salita al Dhaulagiri è molto bella esteticamente». Partiti dall’Italia il 30 agosto, hanno raggiunto la vetta alle 7.45 di mattina (ora locale nepalese) del 1° ottobre.

«Dopo un periodo difficile per via di un grave infortunio all’omero, è stato un bel traguardo riuscire a ripartire e, nonostante la pandemia, tornare in Himalaya» racconta Marcp Camandona. «A metà agosto ho appreso che il Nepal riapriva agli alpinisti. I miei consueti compagni di cordata Emrik Favre e François Cazzanelli preferivano partire a novembre, che per me era troppo tardi. Avevo bisogno di un compagno fidato, sereno e ottimista, con il quale condividere la fatica della salita e delle scelte durante il percorso, e la gioia dell’arrivo in vetta. E l’ho proposto a Pietro Picco. Per l’acclimatamento, per 4 volte siamo saliti sopra i 6mila metri. Bisogna essere in grado di muoversi anche con nebbia e meteo avverso. La squadra e la condivisione sono fondamentali in simili imprese. L’umore del gruppo è importante. Anche le spedizioni commerciali, con i rispettivi sherpa, che abbiamo trovato al campo base ci hanno aiutato. Insieme ce l’abbiamo fatta».

«Il cambiamento climatico si avverte molto di più in Himalaya, si troveranno nuove vie e si partirà in altri periodi. Era la prima volta che vedevo piovere a un campo base a 5mila metri», prosegue Marco Camandona. «Il che vuol dire trovarsi con 50 centimetri di neve su 45 gradi di pendio, dove si pensava di trovare ghiaccio. Con tutta quella neve il rischio valanga diventa elevato ed è difficile creare le tracce in 2. Per fortuna è nato un bel rapporto, costruttivo, con gli sherpa. In montagna ci sono bellissimi momenti come quelli trascorsi con Pietro Picco e momenti in cui arrivi in vetta esaurito e ti ritrovi a scendere senza sorridere mai, se non quando rientri al campo base. In Nepal appare in tutta la sua evidenza la sacralità della montagna».