Turismo, bilancio positivo per le festività di fine anno Adesso però si temono disdette fino al 70 per cento
La pandemia è tutt’altro che finita e per il settore alberghiero, soprattutto nella stagione invernale, le incertezze sono tante e la ripresa non arriva ancora. In Italia le vacanze si concentrano in determinati periodi - Immacolata, Natale e Capodanno, Carnevale e Pasqua - e da lunedì prossimo, 10 gennaio, si prevedono prenotazioni in caduta libera, fino al meno 70 per cento.
L’auspicio è lavorare bene con le settimane bianche di febbraio-marzo, ma gli albergatori fanno i conti e si chiedono come arrivare fino ad allora con l’80 per cento in meno di turisti stranieri.
A ottobre si prospettava una stagione ottima, il bilancio di dicembre è mediamente positivo, però gli hotel si trovano a fare i conti con cancellazioni continue - fino al 50 per cento, numeri mai visti in Valle d’Aosta - e riprenotazioni a prezzi diversi, pur di rivendere le camere, con una flessione che si ripercuote sugli incassi. A ciò si aggiunge una meteo non favorevole, con temperature - fino a Capodanno - troppo elevate e sfavorevoli all’innevamento artificiale dei comprensori sciistici. Senza dimenticare l’innalzamento dei costi fissi: dall’inflazione in aumento al raddoppio delle bollette della luce, al rincaro del gasolio e delle derrate alimentari, che spesso arrivano in ritardo perché i fornitori non hanno gli autisti in quanto positivi.
Oltre all’incertezza sulle presenze, vi è pure una grande problematica relativa alle risorse umane, nel settore alberghiero, così come in altri ambiti. Anche i vaccinati possono contrarre il Covid, hanno sintomi lievi però non possono lavorare. I contagi, nel 20-30 per cento degli alberghi e dei ristoranti, hanno creato serie difficoltà a garantire i servizi minimi, costringendo in alcuni casi a operare in regime di urgenza e provocando nei casi più gravi la chiusura delle strutture. Vi sono imprenditori che su 28 dipendenti ne hanno avuti 10 positivi. Poiché il personale lavora e condivide i pasti, e più scambi avvengono più aumentano i possibili contagi, tale problema ha condizionato le ultime festività.
Filippo Gérard, presidente di Adava, l’associazione che raduna gli operatori della ricettività turistica, che prevede un inverno di grande incertezza: «Se da gennaio verrà meno il mercato nazionale, che ha già trascorso in montagna le vacanze nel periodo natalizio, nelle principali stazioni che puntano sugli stranieri si avranno cancellazioni in blocco, fino all’80 per cento di presenze in meno. Chi lavora con gli italiani è un po’ più fortunato, ma permane un clima quotidiano di incertezza. Speriamo che vi siano le condizioni per poter restare aperti. Se i positivi stanno bene, ci sembra scorretto che siano i vaccinati a stare a casa per proteggere i non vaccinati. Anche il ricorso ai tamponi dovrebbe essere più ponderato, per tutte le conseguenze che ha sul mondo del lavoro. Vi è infine la preoccupazione del passaggio a zona arancione, con relativa diminuzione della portata massima sugli impianti sciistici».
Un po’ di «suspence» c’è, secondo Graziano Debellini, presidente di Th Resort, operatore del turismo alberghiero dell’arco alpino italiano, che solo in Valle d’Aosta conta il Planibel di La Thuile, l’ex Valtur di Pila e il Th di Entrèves a Courmayeur.
«Fino a questo momento abbiamo visto che gli annullamenti non hanno prevalso sulle nuove prenotazioni, che anzi li hanno sempre compensati, per cui non vediamo ancora compromessa la stagione. Tuttavia, vi sono dei fattori che non possiamo del tutto controllare. In primo luogo l’evoluzione della pandemia, che richiede una grande capacità gestionale da parte degli alberghi: noi, per esempio, abbiamo tutto il personale vaccinato e medici in tutte le strutture, che alla comparsa dei primi sintomi, tra i clienti o i dipendenti, attivano rigidamente tutte le procedure del caso. Occorre saper convivere con il virus, se in Italia il 17 per cento ha il Covid significa che i positivi, sintomatici o asintomatici sono tra noi. Qualche caso ci sarà sempre, occorre saperlo gestire e poter sostituire il personale eventualmente in quarantena. Rispetto a un anno fa, grazie ai vaccini, abbiamo fatto passi importanti, però i numeri ci dicono che la situazione è ancora complessa, anche per la quota elevata dei no vax. Come abbiamo visto nella scorsa stagione, in Valle d’Aosta dipendiamo anche dai flussi dalle altre regioni e dall’estero: se la circolazione resta libera, possiamo salvare la stagione; se dovessero intervenire restrizioni, la situazione si complicherebbe. Così come, se cambiano troppo frequentemente le normative in Italia, questo potrebbe generare annullamenti o discussioni con i clienti. Devo dire però che i clienti arrivano e sono contenti, hanno proprio voglia, dopo tanti lockdown, di tornare alle vacanze sulla neve e allo sci. Occorrerà anche un po’ di fortuna».
Pone l’accento sulla difficoltà a reperire personale, soprattutto nei giorni di festa o per gli straordinari, Claudio Coriasco general manager di Montana Lodge & Spa Design Hotel di La Thuile: «Gli aiuti a pioggia, tipo il reddito di cittadinanza, evidentemente non fanno bene, soprattutto alle nuove generazioni, che spesso e volentieri oppongono dinieghi alla richiesta di lavorare, anche se l’offerta è di 100-150 euro per 6 ore di servizio. Evidentemente non hanno capito che è solo il lavoro che fa i soldi, i soldi non creano soldi. Per cui, se abbiamo dipendenti in quarantena, che magari stanno bene ma sono in attesa di tampone per poter tornare alla vita lavorativa, spesso non sappiamo come sostituirli».
Se la stagione invernale chiudesse adesso, secondo il General Manager sarebbe la miglior stagione di sempre, poiché dicembre è andato molto bene e fino al 9 gennaio le strutture sono piene. Le incertezze si concentrano tutte da lunedì 10 in poi. Gennaio ha sempre avuto un calo fisiologico, ma con la pandemia si vive davvero giorno per giorno, mentre il settore alberghiero avrebbe bisogno di certezze e di stabilità per poter programmare.
«Finora abbiamo avuto delle cancellazioni dall’estero, subito compensate dagli italiani che a loro volta non potevano andare all’estero. Anche dalle aziende che avevano prenotato per i loro meeting il rischio di disdetta è elevato. Per ora non abbiamo avuto cancellazioni per le settimane bianche di febbraio e marzo, ma sono tutte prenotazioni “flex”, con la possibilità di disdire senza penali fino a 7 giorni prima. A fronte di questa situazione, con pochi ristori e scarsi sostegni all’occupazione, abbiamo il 40 per cento di costi generali in più, paghiamo tutte le tasse e non abbiamo aumentato le nostre tariffe. Più si sale con le stelle e con i servizi, meno margini si hanno».
Secondo Giorgio Bonotto - general manager di CampZero Active Luxury Resort di Champoluc, ad Ayas - per le continue cancellazioni e richieste di spostare le date, sembra di essere tornati all’estate 2020. «Il classico calo fisiologico di gennaio quest’anno è accentuato. I numeri ad oggi sono molto più bassi di quello che si poteva immaginare. - riferisce Giorgio Bonotto - Gli svedesi e gli stranieri in generale sono un grande punto interrogativo, soprattutto per febbraio e marzo. Doveva essere una stagione da record e invece è limitata dalle regole restrittive che riguardano i flussi stranieri, di solito prevalenti sugli italiani da gennaio in poi. Anche se fino al 9 siamo al completo e per ora le prenotazioni di febbraio sono tutte confermate, si naviga a vista e credo che dovremo ancora puntare sul turismo nazionale».
«Le vacanze di Natale sono andate molto bene, con soggiorni anche di sole 2 o 3 notti, richieste last minute e tante cancellazioni (a volte anche di 7 o 8 camere al giorno), compensate però da nuove prenotazioni, senza aver mai dovuto abbassare le nostre tariffe. Pur garantendo sempre la massima elasticità e comprensione per le disdette anche all’ultimo, i risultati ci sono stati» conferma Laura Thedy, titolare dell’Hotel Lo Scoiattolo di Gressoney-La-Trinité. «Anche la clientela inglese ha tenuto. Dopo le feste abbiamo ancora tante prenotazioni non cancellate e, dal 10 al 17 gennaio, un’occupazione della struttura del 50 per cento. Le scuole chiuse fino al 10 gennaio ci hanno aiutato. La prossima settimana avremo parecchi stranieri, soprattutto inglesi, belgi e olandesi. Prima delle vacanze avevamo ospitato delle squadre sportive. Per febbraio e marzo non abbiamo avuto richieste di prenotazione in quest’ultimo periodo, però avevamo già venduto alcune settimane tra la fine dell’estate e l’autunno, che per ora non sono state cancellate. Per questo siamo ancora moderatamente ottimisti».
In una fase della stagione turistica con pochi stranieri e la pandemia che dilaga ormai ovunque, il Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur ha deciso di chiudere per alcuni giorni durante la settimana del 10 gennaio, invitando gli ospiti già prenotati a posticipare il loro soggiorno.
L'obiettivo, si legge in una nota, è di rinforzare ancora gli «standard di controllo, di igienizzazione quindi di tutela degli ospiti e dello staff interno» commenta in il direttore Massimo Chiappo Buratti