Dopo 10 anni torna la trichinella in Valle d’Aosta Il parassita rinvenuto in un cinghiale abbattuto
Dopo quasi 10 anni, è stata nuovamente rilevata la presenza di trichinella in un cinghiale abbattuto durante una battuta di caccia in Valle d’Aosta. Ha reso nota la scoperta martedì scorso, 14 dicembre, il Servizio di Igiene degli Alimenti di Origine Animale, afferente al Dipartimento di Prevenzione dell’Usl, sottolineando che il rilevamento risale allo scorso fine settimana. Il parassita è stato individuato in seguito ai controlli che obbligatoriamente sono effettuati dai veterinari dell'Usl su tutti i suini e i cinghiali allevati o cacciati. Il prelievo è stato eseguito dai veterinari della Struttura di Igiene degli Alimenti di Origine Animale dell’Usl e la diagnosi dalla sezione di Aosta dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale.
«La trichinellosi è una rara malattia che può interessare anche l'uomo e che, nei suidi, dal 2001 è stata rinvenuta in Valle d'Aosta solo quattro volte, l'ultima nel 2012. - spiega il direttore della Struttura di Igiene degli Alimenti di Origine Animale Emilio Bazzocchi - Si tratta di una malattia parassitaria sostenuta da un nematode del genere trichinella in grado di infestare mammiferi, uccelli e rettili, soprattutto se animali carnivori o onnivori come volpe, lupo, faina, cane, gatto, maiale, cinghiale ed equino. Il contagio per gli animali e l’uomo avviene per via orale tramite l’ingestione di carni infestate. Nonostante si facciano controlli obbligatori per la sua prevenzione nonché per l’eradicazione dal territorio regionale risulta fondamentale la collaborazione dell’utenza e in particolare dei cacciatori».
«Si presenta in natura in varie specie animali, selvatiche in primis. - illustra Riccarod Orusa dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale - Nei suini è scarsissimamente presente nell’areale europeo. Si tratta di una una zoonosi, cioè di un parassita che può colpire l’essere umano che si alimenta con carni infestate». L’intervento tempestivo ha impedito che le carni infette fossero immesse sul mercato.
«Il riscontro di trichinella in Valle d’Aosta conferma l’importanza di proseguire i controlli in modo sistematico e capillare nelle carni di tutti i suidi selvatici cacciati o abbattuti. - si legge in un opuscolo esplicativo pubblicato per l’occasione dall’Usl - Il consumatore deve acquistare le carni dal proprio rivenditore di fiducia, che, approvvigionandosi da macelli riconosciuti, è in grado di garantire che gli animali sono stati sottoposti all’esame per la ricerca di trichinella prima dell’immissione in commercio. Nel caso di cessione da parte dei cacciatori di piccole quantità di carni di cinghiale direttamente al consumatore finale, è bene assicurarsi che gli animali di provenienza siano stati testati. È buona regola comunque consumare la carne di selvaggina sempre ben cotta!». Le infezioni da trichinella dipendono infatti da fattori diversi (come il numero di larve e le modalità di conservazione delle carni) e sono spesso correlate a pratiche alimentari e culinarie locali, come ad esempio il consumo di piatti a base di carne di selvaggina cruda o poco cotta o al consumo di insaccati crudi. I sintomi sono molto variabili, da assenti a particolarmente gravi, come nei casi di miocardite parassitaria con possibile decesso per sindrome infartuale. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea, dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre.
Fino ad oggi, in Valle d’Aosta, sono stati segnalati 4 casi di positività per trichinella nel cinghiale: nel 2001 a Verrès, nel 2008 a Saint-Pierre, nel 2012 a Hône e nel 2021 ad Avise.