Nuova bufera giudiziaria sulla sanità per un presunto appalto “pilotato”
Un nuovo terremoto giudiziario fa tremare la sanità valdostana. Questa volta a finire nel mirino della Procura è l’assegnazione, da parte dell’Usl Valle d’Aosta, del servizio di pulizie all’Ospedale regionale “Umberto Parini” di Aosta. Gli inquirenti ipotizzano che l’appalto da 3 milioni di euro sia stato pilotato. Sono 4, al momento, i nomi finiti nel registro degli indagati. Si tratta dell’ex direttore generale dell’Usl Lorenzo Ardissone - che dopo l’esperienza nella nostra regione tra il 2013 e il 2015 aveva diretto l’Ausl Torino 4 e ora è in pensione - , del procuratore dell’azienda che aveva vinto la gara Massimo Cassinelli e di altri 2 dirigenti della CM Service di Cascinette d’Ivrea. L’inchiesta, ancora allo stadio iniziale, ruota attorno al sospetto i 4 indagati avrebbero condizionato, ricorrendo ad alcune “pressioni”, il dirigente Usl che si occupava dell’appalto. Martedì scorso, 7 dicembre, i carabinieri, ai quali sono affidate le indagini coordinate dal pm Luca Ceccanti, hanno perquisito la casa in Piemonte di Lorenzo Ardissone. I militari hanno sequestrato un telefonino e un personal computer. I dispositivi saranno sottoposti ad accertamenti come la documentazione acquisita negli uffici Usl. La CM Service, stando all’esito della gara, doveva subentrare alla precedente aggiudicataria, che ha impugnato la procedura dinanzi alla giustizia amministrativa, prima al Tar, quindi fino al Consiglio di Stato, con la sospensione dell’appalto.
Per dare continuità al servizio, l’Usl ha incaricato per 4 anni, da giovedì 1° luglio scorso, un raggruppamento di imprese individuato tra i soggetti Consip, ovvero l’offerta riservata alla pubblica amministrazione. È in questa fase che la Procura ritiene siano state esercitate delle pressioni: Lorenzo Ardissone e i 3 rappresentanti della CM Service avrebbero telefonato al dirigente, cercando di convincerlo - dopo un affidamento temporaneo alla ditta ricorrente - ad assegnare il lavoro alla vincitrice della gara. Sempre secondo gli interenti, Massimo Cassinelli si sarebbe inoltre recato dal funzionario che seguiva la pratica. In quell’occasione, oltre a “perorare” la causa della sua azienda, avrebbe avvisato il dirigente che nell’ufficio erano attivi dei dispositivi per le intercettazioni, operate dall’autorità giudiziaria. I difensori degli indagati respingono ogni addebito.