Abuso edilizio a Champdepraz Tre condanne e due assoluzioni

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Si è chiuso ieri, venerdì 10 dicembre, il processo che vedeva imputati alcuni rappresentanti delle società del gruppo Berger e un professionista. La sentenza è stata di 3 condanne e 2 assoluzioni per abuso edilizio. Invece è caduta per tutti l’accusa di gestione non autorizzata dei rifiuti a Champdepraz «Perché il fatto non sussiste». Per tanto sono stati condannati a 6 mesi di arresti e 30mila euro di multa ognuno Paola Allietto, 48 anni, Federica Berger, 42 anni, e Jury Corradin, 47 anni, relativamente alla violazione delle norme urbanistiche in un’area del torrente Chalamy. Assolti, per questo capo d’imputazione, l’imprenditore ed ex sindaco di Champdepraz Luigi Berger, 73 anni, e il figlio Gian Luca, 51 anni. Il pm Maria Luisa Verna aveva chiesto 1 mese di arresto e 35mila euro di ammenda per ognuno. La pena scatterà per i condannati se, entro 3 mesi dall’irrevocabilità della sentenza, non ripristineranno i luoghi.

Dall’imputazione di discarica abusiva su un’area a Champdepraz, per tutti gli imputati - la contestazione era avanzata solo ai quattro appartenenti alla famiglia Berger - sono stati assolti. Il giudice Tornatore si è riservato un termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni.

Le indagini della Procura erano iniziate nel maggio 2019, concentrandosi su due aspetti. Anzitutto, la riqualificazione di un’area del torrente Chalamy, attuata, secondo l’inchiesta, sollevando il piano di campagna dell’area attraverso la posa di conglomerato bituminoso recuperato da lavori di fresatura stradale. Gli inquirenti ritenevano che quel materiale fosse un rifiuto speciale, da smaltire secondo procedure specifiche e non riutilizzandolo. Da qui l’ipotesi di abuso edilizio, cui si riferiscono le 3 condanne. L’ipotesi di discarica abusiva, per cui sono stati tutti assolti, era legata a un altro quantitativo di materiale, trovato nell’area dell’Alfatech dei Berger, a valle della località Fabbrica, tra l’autostrada e la Dora Baltea. La contestazione, in questo caso, era che il conglomerato fosse stato stoccato senza autorizzazione e non in modo corretto. L’area era anche stata posta sotto sequestro dalla Dda di Torino, che indaga sul traffico illecito di rifiuti. Tale misura è poi stata revocata ma il Pubblico ministero del procedimento aostano non facendo sue le motivazioni del dissequestro - legate alle modifiche di un regolamento del 2018 sulla cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso - aveva chiesto comunque la condanna degli imputati.

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