Il Castello di Aymavilles verso la riapertura Un traguardo con «in calce» tante firme
E’ passato poco più di mezzo secolo da quel 1970, quando il Castello di Aymavilles da privato passò alla proprietà pubblica e pur chiuso ai visitatori il suo parco diventò sin da subito un’opportunità da sfruttare sia per la presentazione dei vini della Valle d’Aosta, all’epoca in piena evoluzione verso il miglioramento qualitativo che conosciamo oggi, sia per ospitare la bella manifestazione annuale delle Floralies Vocales per le corali ed i gruppi folkloristici.
Però il Castello di Aymavilles racchiude dei significati simbolici importanti, a cominciare dal fatto che proprio in una delle sue stanze morì ad ottant’anni, il 18 ottobre del 1804, essendo nato nel 1724, l’ultimo maschio della dinastia nobiliare che ha maggiormente caratterizzato la storia del Ducato di Aosta sin dal medioevo, il barone Maurice-Philippe de Challant, che vi risiedeva alternando i soggiorni con la casa aostana di via Porta Pretoria. Maurice-Philippe aveva assistito alla scomparsa del fratello primogenito Charles-François nel 1770, di suo figlio e quindi per lui nipote François-Maurice nel 1796 ed infine del piccolo pronipote Jules-Hyacinthe nel 1802, a soli sette anni.
Il Castello di Aymavilles passò cosi in eredità alla nipote Marie-Thérèse de Challant, ultima dama dei Challant sposata Cacherano Osasco della Rocca d’Arazzo che vi abitò, sovente insieme al figlio conte Vittorio, generale delle Armate Sarde che aveva aggiunto al proprio cognome quello di Challant. Sia Marie-Thérèse che Vittorio morirono nelle stanze del Castello Aymavilles, lei nel 1837, lui nel 1857, chiudendo così la lunghissima storia di questa famiglia.
Dopo alcuni passaggi di proprietà il maniero con il suo parco e l’altrettanto storica cascina di Issogne, nota anche come “de la Camagne”, nel 1882 vennero acquistati dall’industriale genovese Giovanni Bombrini, figlio del banchiere Carlo, figura fondamentale dell’economia del nuovo Regno d’Italia. Senatore dal 1890 al 1892, Giovanni Bombrini proprio nel 1882 perse il padre Carlo ereditando così l’Ansaldo, all’epoca la maggiore industria siderurgica italiana e proprio il Castello di Aymavilles rappresentò una sorta di avanguardia dei Bombrini in Valle d’Aosta, considerato che la famiglia pochi decenni dopo partecipò all’acquisizione nel 1916 delle miniere di Cogne e alla creazione ad Aosta nel 1917 dell’Ansaldo, poi Cogne. Quindi non è fuori luogo affermare che il Castello di Aymavilles divenne la base dei Bombrini per creare un nuovo polo minerario ed industriale che cambiò radicalmente il volto della Valle d’Aosta.
Giovanni Bombrini morì nel 1924 e i suoi eredi conservarono il Castello di Aymavilles, ma diradarono i loro soggiorni e nel dopoguerra misero in vendita le loro proprietà per il prezzo di cinque milioni di lire, senza però trovare degli acquirenti sino al 1970. L’acquisto pubblico venne giustificato dall’importanza storica ed architettonica del Castello e difatti non riguardò la splendida cascina di Issogne, tutt’ora di proprietà degli eredi Bombrini, che ammiriamo salendo nella valle di Cogne.
Passarono quasi quarant’anni, con la grande bandiera tricolore con lo stemma sabaudo stesa a coprire dalla polvere il biliardo del salone, fino al 2008 quando iniziarono gli studi per il restauro. Il 3 agosto del 2010 venne deliberato dalla Regione con allora assessore alla Cultura Laurent Viérin il finanziamento che consentì dal 2013 gli interventi di valorizzazione del Castello di Aymavilles. «La notizia dell’apertura fissata per il 2022 rappresenta una bella soddisfazione non solo per me, visto l’impegno di tante persone nel corso del tempo, a cominciare - ricorda Laurent Viérin - dallo staff dell’epoca dell’Assessorato della Cultura, in particolare penso al Soprintendente Roberto Domaine ed tutto il personale che ha lavorato con passione e dedizione a questa importante sfida. Un progetto che aveva visto un primo ed assoluto momento di “restitution” nel 2008, con l’iniziativa “Châteaux Ouverts” che offrì la possibilità a tantissimi di vivere i nostri beni culturali ancora prima della fruizione definitiva.»
«E’ un momento importante per tutta la comunità. Le amministrazioni degli ultimi decenni si sono impegnate perché questo bene fosse fruibile» afferma Fedele Belley, sindaco di Aymavilles dal 2000 al 2010. «In particolare durante il mio mandato avevamo dovuto discutere con la Soprintendenza per i Beni culturali su dove sistemare l’ascensore. Problema alla fine risolto, anche se sono stati necessari alcuni anni. L’altra questione importante era quella della viabilità. Spero che la rotonda ipotizzata si riveli efficace. Quando ero sindaco era già stata ventilata la possibilità di realizzare un parcheggio interrato, all’altezza di Micheley. Mi sembra la soluzione migliore perché è a “impatto zero” e perché non si espropriano i terreni a nessuno. Come diciamo a Aymavilles, il Castello, il ponte acquedotto del Pont d’Ael e la cripta di Saint-Léger sono le nostre tre “perle”.»
«Tanta soddisfazione, perché il Castello è un monumento importante non solo per il nostro paese, direi per l’intero territorio regionale. - sottolinea Germano Gorrex, a sua volta sindaco dal 1990 al 2000 - Si è sempre trattato di un “dossier” articolato perché oltre al maniero vi sono il parco e le scuderie per esempio. E non è stato semplice reperire le risorse finanziarie necessarie al recupero e alla restituzione del bene alla comunità. Durante i dieci anni del mio mandato sono stati elaborati alcuni studi di fattibilità per proporre delle idee sul recupero. In particolare ci eravamo concentrati sulla parte della “Grandze”, che fu il primo intervento portato a termine tanto che ora una parte è sede del Cervim, mentre per gli altri locali si ipotizza una struttura che fornisca un supporto a livello ricettivo al castello, che ospiterà la raccolta d'arte e archeologia dell'Académie Saint Anselme.»