Il Ristorante Tripoli, un locale con cento anni di storia che ha vissuto i cambiamenti di Aosta
E' una storia lunga cento anni quella dell’ormai ex Ristorante Tripoli, in regione Crou ad Aosta, che si è tramandata negli anni fino ai giorni nostri mantenendo intatti nome e tradizione. E il destino ha voluto che proprio con il raggiungimento del secolo di vita il locale si sia trasferito ad alcune centinaia di metri di distanza a Pont D’Avisod, nel Comune di Sarre. Un trasloco dettato dal fatto che il vecchio edificio cominciava a mostrare i segni del tempo e necessita di importanti interventi per metterlo a norma di legge, da qui l'esigenza di un rinnovo totale. Ma è lì che la storia si è fermata, tra quelle mura che odorano di passato e di voci lontane, come quelle della famiglia di Emanuele Cuaz e della moglie Adelaide Marquette - bisnonni delle attuali proprietarie, le sorelle Barbara ed Eliana Bastianelli -, che lo comprarono nel giugno del 1921 dalla famiglia del piemontese Michele Leonardo, di Castellamonte in provincia di Torino, per la cifra di 45.000 franchi, primo proprietario dell’allora cascina La Ferme Le Crou che da un paio d'anni era già aperta come cantina. Un punto di sosta per un bicchiere di vino e per uno spuntino a base di pane e formaggio, in quel luogo sperduto tra campi, vigne e nient’altro, dato che la città doveva ancora espandersi. È a quei tempi che nasce il nome Tripoli ispirato alle colonie italiane in Africa, allora un vanto da sfoggiare, e che è rimasto fino ai giorni nostri. Quando Emanuele Cuaz lo lascia - è deceduto nel 1941 -, il Tripoli passò alla figlia Luigia Cuaz detta “La Vigiotta” che, assieme al fratello Giovan Battista e al marito Giovanni Maurice, lo gestì fino al 1960. È senz'altro grazie a loro che divenne un noto ristorante nonché un polo di aggregazione grazie all'apertura di una sala da ballo che attirava molti giovani e al campo di bocce antistante. Inoltre fu la sede del primo gruppo dei Vigili del Fuoco volontari di Saint-Martin-de-Corléans. Come se non bastasse, si deve alla “Vigiotta” il Carnevale storico di Saint-Martin che accrebbe ulteriormente la fama di un locale ormai conosciuto da tutti. La famiglia Cuaz lo lasciò a metà degli anni Sessanta per affittarlo alla famiglia Avantey-Brazzale. Successivamente toccò ai veneti Giulio Crestanello con la moglie Elsa Ravelli la cui cucina propose per la prima volta polenta e baccalà, una vera ghiottoneria tanto che questa specialità fu riproposta negli anni successivi. Nel 1973 è la volta di Fedele Borre - futuro consigliere regionale per 3 legislature dal 1993 al 2008 - che con la sorella Giulia e il cognato Mile Danna, musicista e anima della compagnia teatrale in patois Lo Charaban, - coadiuvati dalla moglie di Fedele, Iole Vilbrant - diedero un nuovo impulso al Tripoli rendendolo un locale sempre più all’avanguardia. Un periodo con cene affollate dagli alpini delle caserme di Aosta e caratterizzato dalla buona cucina e dalla contagiosa allegria delle note della fisarmonica suonata da Mile Danna. Tre anni dopo subentrò "Tato" Cordi con la moglie Luciana Magrinello e in seguito furono Carlo Bastianelli e la moglie Enrica Maurice - parenti dei proprietari - che con le figlie Eliana e Barbara portarono avanti l'attività fino al 1986. Gli anni Novanta videro un susseguirsi di gestioni - Cesarina Rumiod, la famiglia Negrini, Piero Corino e la famiglia Carboni - quando nel 1997 Francesco Rogato e il figlio Luigi, ex proprietari della pizzeria Rododendro di Villeneuve, presero le redini del ristorante. Sono proprio loro gli ultimi gestori del Tripoli fino al momento della chiusura e del trasferimento dello storico locale. Per un ciclo che si è concluso un altro è iniziato. Mercoledì 3 novembre scorso infatti, il Tripoli ha riaperto nei locali dell'ex Ristorante La Tana dell'Orso «Per non far sparire un nome storico. - sostiene Francesco Rogato - Mi avevano proposto altre zone ma io ho fortemente voluto continuare la tradizione del luogo». Cosa attende il vecchio edificio? Le sorelle Barbara ed Eliana Bastianelli non hanno dubbi: «L’affetto è tanto ma una cosa è certa. Lo vorremo consegnare dignitosamente al futuro, magari riprendendo la tradizione con un nuovo Tripoli...e chissà, chiamandolo magari Cascina Tripoli, ritornando di fatto alle origini».