Il decimo Ottomila di Marco Camandona Il racconto dell’impresa con Pietro Picco
Rientra oggi - sabato 9 ottobre - in Italia Marco Camandona, che ha raggiunto venerdì 1° ottobre scorso il suo decimo Ottomila, la cima del Dhaulagiri a 8.167 metri di quota, saliti senza ossigeno supplementare e l’ultimo in Nepal (i prossimi saranno tutti in Pakistan). Per il suo compagno di cordata, Pietro Picco, guida alpina di Courmayeur, questo è stato invece il primo Ottomila.
Partiti dall’Italia lunedì 30 agosto, hanno raggiunto il Campo Base (4.800 metri) lunedì 13 settembre e, ultimata la fase di acclimatamento sabato 25 e domenica 26 settembre, si sono riposati qualche giorno in attesa della finestra di bel tempo. Martedì 28 sono saliti al Campo 2 (6.400 metri) dove hanno dormito per 2 notti. Giovedì 30, la mattina, sono saliti al Campo 3 (7.250 metri) dove, dopo un paio d’ore di riposo, hanno iniziato l’ascesa alle 23 per giungere in vetta alle 7.45 di mattina ora locale nepalese.
Marco Camandona, raggiunto telefonicamente mercoledì scorso, 6 ottobre, mentre era a Katmandu, fa sapere che è particolarmente contento del risultato non solo perché è il suo decimo Ottomila, anche perché, «In seguito all’infortunio di maggio 2020, quando mi sono rotto una spalla e mi hanno dovuto inserire 12 viti, non era poi così scontato pensare di riuscire a scalare di nuovo a questi livelli. Sono stati necessari 12 mesi di allenamenti specifici per il recupero ottimale, che è stato possibile solo grazie a 3 fisioterapisti che mi hanno seguito in questo lungo periodo prima della spedizione. Le incognite erano tante, in primo luogo avere forza nelle braccia e poter portare uno zaino da 20 chilogrammi».
«E’ stato quasi più difficile arrivare a Katmandu e al campo base che raggiungere la cima» prosegue Marco Camandona. «Il Covid sta ancora creando complicazioni: la crisi si sente veramente tanto, a dif-erenza di altri posti in Europa che stanno ripartendo. Ora, come alpinisti, ci siamo solo noi e ci sono veramente pochi turisti, perfino nella città vecchia, dove in epoca pre-Covid erano in migliaia». Quanto alle condizioni meteo, «Il monsone si è prolungato quest’anno. Abbiamo avuto la grande fortuna di trovare 2 giornate di bel tempo per salire in vetta, dopo 15 giorni di trekking e tutte le rotazioni in alta quota, con tantissima neve, per acclimatarci. Abbiamo trascorso 2 notti al Campo 1, 2 al Campo 2, 1 al Campo 3, prima di tornare al Campo Base e fermarci lì per 2 giorni di riposo. Poi Campo 2 e un paio d’ore al Campo 3, alle 23 siamo partiti e alle 7.45 abbiamo conquistato la cima. Abbiamo dovuto tracciare anche noi insieme agli sherpa che, per portare i clienti in vetta, hanno dovuto fare il percorso 2 volte per aprire le vie. Dal 2018 nessuno saliva, un po’ per il Covid e un po’ per le condizioni di questa montagna dove nevica molto. Abbiamo trovato più di 85 centimetri di neve fresca prima di arrivare in vetta, con pericolo di valanghe. Eravamo una quarantina, chi con ossigeno chi no, e una quindicina di sherpa: siamo arrivati in 30, di cui solo 5 senza ossigeno tra cui noi. Anche Pietro è stato bravissimo: tecnicamente è fortissimo e, senza problemi, è arrivato in vetta senza ossigeno. L’unica giornata perfetta è stata venerdì 1° ottobre. Solo 2 giorni dopo, lo sherpa nepalese Nirmal Purjia, celebre per aver scalato nel 2019 tutte le 14 montagne di più 8.000 metri nel tempo record di 189 giorni, poco più di 6 mesi, non è riuscito a raggiungere il traguardo».
Pietro Picco sognava da sempre un’impresa simile: «Quando Marco l’estate scorsa mi ha proposto questo viaggio ho accolto l’idea al volo. Rispetto alle salite sulle nostre Alpi, c’è il grande problema della quota e dell’acclimatamento. Non puoi andare alle stesse velocità che hai sui 4.000. I tempi si dilatano. Devi avere una strategia ben chiara, che devi anche adeguare alla meteo. Per questo mi sono affidato completamente a Marco e alla sua esperienza. Siamo stati flessibili e le 2 rotazioni, che siamo stati gli unici a fare anche perché fisicamente ben preparati, hanno fuzionato».
Molti i partner che hanno voluto seguire da vicino Marco Camandona, tra questi Millet, Grivel, Garmin Italia, Salice Occhiali, Ferrino. La logistica è stata curata da Seven Summit Treks.
Dal 2015 Marco Camandona si dedica a un progetto umanitario in Nepal, dove ha realizzato l’orfanotrofio-scuola Sanonani House.